Il grido di Giobbe
- Autore: Massimo Recalcati
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2021
Ne Il grido di Giobbe (Einaudi, 2021), un volumetto di meno di 100 pagine, Massimo Recalcati ha il merito di rendere fruibile anche a lettori agnostici come me un pesante testo biblico, arricchendolo di riferimenti psicoanalitici.
Nel racconto, Giobbe, uomo ricco e timorato di Dio, viene colpito da terribile sventura, un Dio assente, lontano saggia la sua fede istigato da Satana che mette in dubbio la fede degli uomini. È così che il male entra violentemente nella vita di Giobbe, “uomo integro e retto”, che diventa allora il banco di prova che dovrà confutare agli occhi di Dio le tesi disincantate di Satana.
La sua fede davanti al moltiplicarsi delle disgrazie e delle ingiustizie si scioglierà come neve al sole o resisterà? È così che il male si precipita su di lui senza che una qualsiasi motivazione lo giustifichi. Giobbe perderà la sua fede o questa sarà rafforzata? L’immagine di Giobbe caduto in disgrazia è quella di un soggetto tormentato da un Dio che “come una bestia affamata e crudele lo bracca”.
Nel libro quindi non è in gioco il senso della sofferenza umana, ma quello del rapporto dell’uomo con Dio e con la sua giustizia. Il paradosso tremendo è come sia possibile che l’uomo giusto venga percosso da Dio con così tanto accanimento.
Quale male egli ha commesso per essere distrutto nella propria vita e in quella dei suoi cari?
Lo sforzo di non arrendersi all’eccesso insensato del male lo porta a leggere nel male un appello che Dio stesso gli rivolge, ma non intende riconoscere le colpe che non ha commesso, non vuole assumere una postura sacrificale. Essere abbandonati dal padre, verificare che la vita si manifesta appunto come insensata, è l’esperienza abissale che Giobbe compie.
Resta solo il grido rivolto a Dio che egli porta nell’etimo del suo nome: Giobbe significa nella lingua ebraica "dov’è il padre?".
Il male in Giobbe assume un nuovo significato: non è più la punizione di Dio. Con Giobbe noi facciamo un’altra esperienza più umana del male, cioè il male dell’innocente che appare come un enigma intraducibile, di fronte a questo enigma l’unico atteggiamento, l’unica risposta è "eccomi".
Noi a volte abbiamo dato una rappresentazione caricaturale di Giobbe, identificandolo con la rassegnazione, con la pazienza, ecco se c’è proprio un profeta che non ha pazienza e che non sopporta l’ingiustizia è proprio Giobbe.
Il grido di Giobbe è una convocazione di Dio, mentre nel primo testamento Dio parla alle sue creature, richiama, per esempio, Caino dopo il gesto fratricida, richiama Adamo ed Eva dopo la prima loro trasgressione, si manifesta a Mosè, abbiamo quindi un movimento che va da Dio verso l’uomo, invece Giobbe, per nulla rassegnato, esige l’incontro con Dio in modo impaziente, in modo impellente.
Il libro si conclude con questo straordinario ed enigmatico faccia a faccia dove in fondo quello che Giobbe capisce è che il suo sguardo non può risolvere il mistero del mondo, il mistero della creazione.
Il grido di Giobbe
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