Il segreto del mercante di libri
- Autore: Marcello Simoni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2020
"Anno del Signore 1205. Mercoledì delle ceneri. Folate di vento gelido sferzavano l’Abbazia di San Michele della Chiusa".
Sono le prime battute del prologo che apriva il titolo d’avvio della trilogia del Mercante di libri, la più fortunata di Marcello Simoni, quella che lo ha rivelato come narratore da primato, fin dal 2011. Ora i romanzi sono diventati quattro, perché l’ex-archeologo e bibliotecario, scrittore di saggi e narrativa storica, ha pubblicato a giugno un sequel della saga, sempre per Newton Compton, Il segreto del mercante di libri (358 pagine).
L’autore di Comacchio fece seguire altre due storie thriller al debutto col botto (il Premio Bancarella, nel 2012). Sono La biblioteca perduta dell’alchimista e Il labirinto ai confini del mondo, che la casa editrice romana ha raccolto col primo romanzo in un trittico in versione integrale, nel 2014, nella collana i SuperInsuperabili.
Tornando all’avvio della serie, poche pagine e 13 anni dopo quel prologo Simoni presentava Ignazio da Toledo, il Mercante o anche il Maestro. Di lui si dice che durante il sacco di Costantinopoli abbia messo le mani su alcune reliquie e libri preziosi, perfino di magia. Raccontano che abbia portato tutto a Venezia, ricavando grandi ricchezze dai nobili della Serenissima, dai quali è trattato alla pari.
Nessuno riesce a inquadrare con certezza la vera natura del Mercante di Toledo: c’è chi lo considera saggio e colto, altri non fidato e dedito alla negromanzia, per i più è un cacciatore di reliquie, da cercare in una terra o nell’altra e da mercanteggiare con devoti e potenti. Fisicamente, l’altezza e la magrezza quasi ascetiche, il capo rasato e la barba “plumbea” gli danno un’aria dottorale. Ha lineamenti moreschi, derivanti dalle origini (una famiglia cristiana nei territori arabi di Spagna) e ingentiliti dalla carnagione chiara. Spiccano nel volto occhi verdi, penetranti, due “smeraldi incastonati tra rughe geometriche”.
Questo è Ignazio da Toledo nel 1218 e si nota il contrasto tra i tanti dettagli dell’aspetto fisico e una descrizione quasi reticente del carattere. Simoni tiene a farlo conoscere attraverso le sue imprese, a partire dal primo romanzo. Tradotto in 18 paesi, ha venduto oltre un milione di copie, vincendo come si è visto un premio letterario nazionale di assoluto prestigio.
Fin dalle prime mosse di quella ch’è diventata una quadrilogia, si è concretizzata felicemente l’alchimia che Marcello inseguiva ma non si aspettava di concretizzare subito tanto efficacemente, creando un mix perfetto e ben accolto dai lettori di storia-fantastico-avventura, in un contesto gotico, buio, ma non di fantasy, perché per quanto intessuti di magia, misteri e occulto, i suoi romanzi restano calati nei tempi, nei costumi e negli eventi delle epoche narrate.
Cappa e spada: magari la definizione non calza a pennello, ma si avvicina molto al genere preferito da Simoni, epico, d’avventura, pieno di riferimenti culturali e che si addentra in percorsi affascinanti tra le scienze remote.
In tutta la saga, da Toledo cerca, trova e perde libri magici, testi antichi, documenti preziosi e segreti. È spinto dalla sete di conoscenza e a quanto dice papà Marcello rappresenta con i suoi valori e aspirazioni l’uomo nuovo che emergerà dai secoli bui per offrire all’umanità la luce della conoscenza: un pre-rinascimentale, anche pre-illuminista, tanto più con la collaborazione dei suoi aiutanti e seguaci, che lo completano. Sono due, Willalme de Béziers, un guerriero francese (albigese per la precisione) con un passato doloroso, ma che agisce con grande lealtà e Uberto, e un giovane ex monaco converso del monastero veneziano di Santa Maria del Mare, ragazzo curioso e volenteroso, molto capace, che fa da segretario al Mercante. Si apprende poi che è il figlio, abbandonato da piccolissimo. Era stato necessario, dopo che i Veggenti avevano scoperto il rifugio di Ignazio a Colonia. In Germania con lui c’era anche la moglie Sibilla, ma l’aveva convinta a raggiungere la Castiglia e Leon, il territorio spagnolo della famiglia. Vede ancora il volto della donna rigato dalle lacrime. Si erano sposati da poco. Era fuggito col bambino, che iniziava appena a muovere i primi passi, ma il piccolo si era ammalato di bronchite. La malattia poteva solo peggiorare e Ignazio aveva dovuto affidarlo ai monaci del Monastero di Santa Maria.
Tante indicazioni possono sembrare eccentriche rispetto alla trama del nuovo romanzo, invece sono necessarie, perché ritorna ad esempio la Sainte Vehme, la potente setta nemica del Mercante. In più, Sibilla è scomparsa dalla Spagna, Uberto si è cacciato in un guaio (non per sua colpa, dopotutto) e Willalme infrange un giuramento che credeva di mantenere per sempre. Scava da sotto un olmo qualcosa che aveva sepolto anni prima e che luccica alla luce del sole: una scimitarra.
Quanto a Ignazio, si ritrova davanti un amuleto che lo collega alla leggenda dei Sette Dormienti. È un oggetto in ceramica invetriata, poco più grande di una moneta, con segni che da Toledo decodifica come lettere dell’alfabeto arabo. Compongono una parola, al-Khalf, la caverna e riportano al mito del sonno immortale, comune a tutte le religioni antiche. Tanto il Corano quanto la “legenda” cristiana parlano di una grotta in cui sette giovani avrebbero dormito ininterrottamente, senza invecchiare di un solo giorno. Hanno avuto il dono del somnium, durante il quale la mente resta vigile e acquisisce progressivamente la conoscenza divina e la sapienza universale.
Apprendo che Marcello Simoni ha pensato per Ignazio alla figura di Ming, il nemico dell’eroe dei fumetti spaziali Flash Gordon. Avrei immaginato piuttosto un Gary Cooper allampanato e ieratico, ma di certo ad avere ragione può essere solo il papà-autore.
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