L’enigma del cabalista
- Autore: Marcello Simoni
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2024
Non c’è bisogno di presentare Marcello Simoni, notissimo scrittore di mystery medieval-rinascimentali. Parlano per lui i quasi venti titoli di tre serie vendutissime (Il mercante dei libri maledetti, Codice Millenarius, Secretum Saga), con la sua firma a fare da garanzia di qualità narrativa. C’è tanto da raccontare, però, su Basilio Cacciaconti, protagonista con ogni probabilità di una nuova saga simoniana. Un Templare rinnegato (non un bel biglietto da visita, ma vuoi vedere che si saprà riabilitare?), in azione nell’Europa del XIV secolo. Il titolo del primo romanzo è L’enigma del cabalista. Un’indagine del Templare Basilio Cacciaconti, pubblicato dalla casa editrice romana Newton Compton, con la copertina morbida bombata del formato rinnovato di alcuni tipi della collana “Nuova Narrativa Newton” (prima edizione giugno 2024, 288 pagine).
Un thriller diabolico, promettono Newton e Marcello Simoni. Va premesso, in sintonia con Marcello, che dove finisce l’inventato, in questo romanzo, comincia il reale. Di pura fantasia è certamente Cacciaconti, mai esistito, al pari di Malachia, Samira Vinelles e Papus tra gli altri (chi leggerà, saprà).
Assolutamente vera, invece, per disgrazia dei Templari, la doppia faccia demoniaca legata al misterioso idolo con due-tre volti chiamato Bafometto (o anche Maufè e non solo). L’accusa di venerazione blastema ed eretica portò alla drammatica caduta del potente Ordine religioso cavalleresco del Tempio, messo sotto processo dalla corona di Francia nei primi del 1300, con la complicità del papato. Risultano storicamente verissimi, nel ruolo di accusatori, il guardasigilli di corte Guillaume de Nogaret, spalla del re Filippo il Bello e il cardinale italiano Pietro Colonna, per fare solo due nomi.
Una parte “di me” è morta, dopo la grande rinunzia, sette anni prima, nel Giubileo del 1300. La parte migliore “di voi”,
Replica Oddone di Valdric, generale dei Templari di Sicilia, all’uomo che ha riconosciuto a Napoli, nel giugno 1307. Chi ha parlato, ha il volto incorniciato da una barba corta,. L’aspetto, l’espressione determinata e il portamento sono capaci di mettere in soggezione chiunque e se non bastano, a incutere rispetto basta la daga assicurata alla cintura, con la croce gerosolimitana sul pomello dell’elsa. Il gesto istintivo di mostrarla, scostando un lembo del mantello nero, calma i bollori dei peggiori piantagrane.
Simoni conferma la solida preparazione, la conoscenza approfondita del periodo trattato e una gergalità specifica perfetta. Questa volta, sviluppa la trama in un modo se vogliamo ancora più enigmatico, come un rebus storico, pieno di parole chiave, di passaggi obbligati, di enigmi da risolvere.
“Cabalistico”, “cabalista”, derivano da Quabbalah, la disciplina occulta iniziatica nata in Palestina e qui praticata da un ebreo napoletano, Malachia Vinelles, oggetto della missione riservata di Basilio. Oltre a cercare di stabilire un canale sicuro di comunicazione tra Roma e Poitiers, deve mettere le mani sull’israelita e sull’oggetto che custodisce in grande segreto. Rabbi Malachia è un maestro della goetia, l’arte di creare di demoni, dalla sua mente scaturiscono “mostri e deliri” tanto potenti da far vacillare fedi, ideali, coscienze. Si dice che quel vecchio magus, in combutta con un alto prelato, abbia costruito le prove d’idolatria a carico del pontefice Bonifacio VIII. Pare sia in possesso di un maufè, un’immagine demoniaca.
Con lui, l’Ordine ha fallito. È un uomo pericoloso, ma il Tempio non ha mai aperto indagini su di lui, perché Vinelles ha pensato di consegnarsi spontaneamente all’Inquisizione di Napoli. Si è dichiarato colpevole del crimine della magia, senza aver subito minacce preventive o torture. Prima, viveva in Provenza e pare che un sicario. Grimuche, l’abbia seguito dalla Francia, lasciandogli come unica risorsa consegnarsi all’Inquisizione, pur di sopravvivere.
Mistero per mistero, Cacciaconti avverte Oddone che l’Octagonum è in pericolo e che l’Ordine del Tempio stesso è minacciato, rischia la rovina.
Basilio vuole il magus e il maufè. L’unico modo per avvicinarsi è agganciare la figlia di Malachia, Samira, la sola che a Napoli abbia contatti con quell’uomo. Può andare a trovarlo e restare per un’ora con lui dov’è detenuto, nel Convento Nuovo di San Domenico, la sede dell’Inquisizione.
La giovane Vinelles è scaltra e determinata. Pone una condizione: Cacciaconti deve sposarla, per consentirle di liberarsi dai vincoli che penalizzano gli ebrei: uscire dalla Giudecca e non dover indossare un copricapo riconoscibile.
Basilio vuole a tutti i costi l’oggetto custodito dal padre e i nomi delle persone alle quali l’ha mostrato, di tutti quelli che sono entrati in contatto con il maufé. Samira lo delude: Malachia non tradirà i sodali. C’è un solo modo per conoscere i nomi: comprendere la natura dell’oggetto al quale sta dando la caccia.
“Una via da percorrere”, sono le parole esatte del negromante. Il templare rinnegato pensa a un rompicapo. La ragazza gli risponde senza timore che non si tratta di un indovinello, ma della Scala, “il cammino degli iniziati”.
Cacciaconti stringe forte le braccia della giovane. Dice di non essere in cerca di qualche illuminazione, di volere soltanto i “dannati nomi”.
Per risposta, con un sorriso sfacciato ed enigmatico, lei conclude che s’è per questo, il primo gradino della Scala è proprio un nome.
Ovviamente, mica Basilio sarà il solo a cercare, sfidare, rischiare. Abbiamo già detto di Grimuche, un altro misterioso personaggio calato dalla Francia nella Napoli angioina, buia, sotterranea, nelle atmosfere gotiche in cui, con la solita maestria, Simoni ha voluto ambientare l’ennesimo dei suoi bestseller.
Ma qui non si fa propaganda, c’è stoffa buona, ordito prezioso, state ben certi.
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