L’impero. Guerra nella tempesta
- Autore: Anthony Riches
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2024
Il messaggio arrivato da Roma nel codice dei frumentarii chiede di uccidere Severo e tre dei suoi più alti gradi, il responsabile dei rifornimenti, il capo della cavalleria, quello delle avanguardie, Vitulo, Valeriano e Leto. “Abbiamo la tua famiglia” è il ricatto che ha gelato Marco Aquilio Felice, centurione primipilo della XI Legione Claudia in Pannonia.
Chi vuole impedire al generale Severo di raggiungere la capitale dell’impero nel 193 d.C.? Due precisazioni: i frumentarii erano il corpo scelto di spie e sicari che si nascondeva dietro la mansione di addetti alle forniture di grano e l’ordine di morte apre il nuovo romanzo storico di Anthony Riches L’impero. Guerra nella tempesta, tredicesimo della saga The Empire (2024, 316 pagine, nella traduzione dall’inglese di Donatella Semproni), pubblicato a gennaio da Newton Compton, come tutti i precedenti. Il più recente è stato La vendetta del gladiatore, gennaio 2023.
E dire che lo scrittore originario di Derby, laureato in studi militari, avrebbe voluto chiudere con il dodicesimo episodio la serie, che ha per protagonista l’ufficiale delle Legioni Marco Valerio Aquila. La sua famiglia senatoriale, caduta in disgrazia, è stata trucidata nel nome dell’imperatore Commodo. Nascosto nei ranghi dell’esercito, il giovane ha fatto una brillante carriera col nome Marco Tribulo Corvo, sotto l’ala protettiva del superiore diretto di sempre Gaio Rutilio Scauro, asceso dalla gavetta al grado di legato (generale).
Anthony Riches considerava completato il primo dei due “archi” narrativi della serie. Sarebbe stato l’ultimo, se i lettori si fossero stancati dei personaggi e delle imprese. Dalla nuova vita di Aquila in Britannia al the end del libro dodici a Roma, si aspettava di lasciare in una taverna dell’Urbe la familia di ufficiali romani e guerrieri ausiliari e andare a occuparsi di un altro periodo temporale. Comunque, introdursi nell’età di Severo è risultata un’iniziativa cara all’autore, nell’auspicio che i lettori vorranno condividerla.
Un’epoca non da poco, nel mondo antico. Settimio Severo sfidò altri due generali pretendenti al trono: una ricca serie di azioni militari da osservare attraverso gli occhi dei personaggi che popolano queste storie. In Pannonia (le attuali Austria e Ungheria), era più vicino a Roma dei rivali e poteva contare su sedici legioni tra Rezia, Norico, Mesia, Dacia e Germania, contro le sei di Pescennio Nigro in Siria e le tre di Clodio Albino in Britannia. Era spinto dal desiderio di vendetta per la morte di Pertinace, imperatore massacrato dai pretoriani, che avevano posto sul trono nella capitale lo sprovveduto Didio Giuliano.
Questa storia, fa presente Riches, non è stata più facile o più complicata da scrivere rispetto alle precedenti, nonostante i dodici anni di gestazione del primo, La spada e l’onore (in Italia nel 2009), per la difficoltà di dividere il tempo tra un lavoro impegnativo e il ritmo irregolare della scrittura, data la scelta autoriale di “inventare le cose man mano”.
Settimio Severo è un grande uomo, dicono i suoi ufficiali. Nelle giuste circostanze sa essere anche magnanimo, ma guai a mostrargli anche un minimo accenno a qualcosa che non sia devozione totale. Ha voluto assumere il titolo di Cesare Lucio Settimio Severo Pertinace Augusto, in un moto rabbia per l’omicidio di Elvio Pertinace, un romano onesto, un valido collega che stava per riportare ordine nell’Impero di Roma.
Gli vengono condotti davanti Scauro e Valerio, in congedo dalla coorte ausiliaria di cavalieri Tungri (germani) in cui militavano e quasi naufragati nel porto di Classe a Ravenna, mentre si dirigevano via mare ad Antiochia.
Informano il generale che Scauro, nipote di Pertinace, è un equestre, non aristocratico, ma un tempo era figlio di un senatore, finché il padre non si è preso la colpa di un disastro militare altrui e si è suicidato, gettandosi sulla spada. Rutilio ha comandato anche una Legione e si è molto distinto. Marco è il figlio di uno dei fratelli Valerio Aquila, un senatore condannato e giustiziato per ordine di Commodo, una decina d’anni prima. I beni sono stati confiscati dallo Stato. Il giovane è rimasto nascosto in piena vista nell’esercito per tutto il tempo.
Si dimostrano rispettosi, pronti a battersi per la causa di Settimio Severo, che sa scrutare l’animo degli uomini e riconosce i sentimenti di lealtà nei due. Decide di fare unire Scauro al suo esercito, con il grado di tribuno laticlavio (fascia larga) e non esclude promozioni a legato o generale. Quanto ad Aquila, dice d’essere tentato di farlo giustiziare, per dimostrare che rispetta ancora le decisioni di Commodo, pur ricordandolo sciocco e debole, asservito a tutti i suoi ciambellani. Ma così facendo non solo mancherebbe di rispetto agli dèi che devono aver vegliato su Marco in un decennio, ma si priverebbe dell’efficacia di un esperto combattente con due spade (dimacherio). Gli ordina di servire a fianco del capo della sua familia, con il grado di tribuno angusticlavio (striscia stretta).
“Se uno di voi due mi farà pentire di queste decisioni, l’esecuzione sarà rapida e ignominiosa”.
Riceveranno la diaria per il servizio, ma non essendo molto interessati all’oro, avranno un’altra ricompensa più allettante. A Roma, dovranno portargli la testa degli assassini di Pertinace e dell’uomo che ha eliminato Commodo.
Alla Legione in cui Scauro, Valerio e i suoi compagni inseparabili sono arruolati, sarà riservata l’ennesima missione suicida in Tracia.
L'impero. Guerra nella tempesta
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