La bottega del caffè
- Autore: Carlo Goldoni
- Genere: Classici
"La bottega del caffè" è una commedia del 1750 di Carlo Goldoni, scritta in prosa e divisa in tre atti.
Ridolfo è il gestore della bottega che dà il titolo alla commedia, in cui la fa da padrone Don Marzio, celebre per le proprie calunnie e dicerie più o meno inventate.
Tra le più gravi certamente troviamo la bugia raccontata a Vittoria, sulla falsa tresca di suo marito Eugenio con la ballerina Lisaura.
Lo stesso Eugenio aveva da poco perso un ingente patrimonio al gioco contro il fantomatico Leandro, conte, ma solo per finta. Il finto Leandro di nome, in realtà, fa Flaminio ed è il vero spasimante di Lisaura.
Flaminio è coniugato con Placida e anch’ella passa sotto le forche caudine di Don Marzio, in quanto viene dipinta per una donna di dubbia serietà.
Ce n’è per tutti, come vedete, grazie alla fantasia malvagia di Don Marzio.
Ma alla fine trionferà la verità e fioccherà la vendetta delle vittime della sua cattiveria.
Di seguito riporto la pentita chiusa di Don Marzio, che termina la commedia:
"Sono stordito, sono avvilito, non so in qual mondo mi sia. Spione a me? A me spione? Per avere svelato accidentalmente il reo costume di Pandolfo, sarò imputato di spione? Io non conosceva il birro, non prevedeva l’inganno, non sono reo di quest’infame delitto. Eppur tutti m’insultano, tutti mi vilipendono, niuno mi vuole, ognuno mi scaccia. Ah sì, hanno ragione, la mia lingua, o presto o tardi, mi doveva condurre a qualche gran precipizio. Ella mi ha acquistato l’infamia, che è il peggiore de’ mali. Qui non serve il giustificarmi. Ho perduto il credito e non lo riacquisto mai più. Anderò via di questa città; partirò a mio dispetto; e per causa della mia trista lingua mi priverò d’un paese, in cui tutti vivono bene, tutti godono la libertà, la pace, il divertimento, quando sanno essere prudenti, cauti ed onorati."
Curiosa opera che ci mostra la forza distruttrice delle bugie, ma anche il loro limite.
La bottega del caffè
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