Sognava i leoni. L’eroismo fragile di Ernest Hemingway
- Autore: Matteo Nucci
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: HarperCollins
- Anno di pubblicazione: 2024
Qualche tempo fa, insieme a un’amica scrittrice, mi era stato richiesto da una libreria romana una lezione su Ernest Hemingway, un autore troppo famoso per le sue imprese, ma troppo spesso dimenticato; avevo chiesto a Matteo Nucci uno spunto per il mio piccolo lavoro, e lui mi aveva prontamente fatto omaggio di un estratto, Animali parlanti, dove a lungo si parlava di The Old Man and the Sea, il celebre racconto lungo, o romanzo breve che, pubblicato sulla rivista Life, ottenne un inatteso smisurato successo.
Leggendo il testo di Matteo Nucci, mi ero accorta subito che, pur avendo studiato Letteratura americana con grandi maestri negli anni Settanta, la lettura che lui dava di Ernest Hemingway era diversa, innovativa, originale, profonda.
Con grande curiosità e attenzione ho letto dunque il volume appena pubblicato da HarperCollins, Sognava i leoni. L’eroismo fragile di Ernest Hemingway, un libro complesso, ricco di spunti, da cui ho imparato molto e di questo ringrazio l’autore. Dopo una lunga citazione dal Qohelet, il volume si apre con una prefazione dal titolo “Il gesto”, in cui lo scrittore spiega in modo sintetico, ma nondimeno efficace, il suo lavoro su Hemingway: non una semplice biografia, anche se necessariamente da quella deve partire, ma un’analisi approfondita e molto estesa sull’intero corpus dell’opera dello scrittore americano, sui suoi libri, quelli più riusciti e anche quelli meno belli, o addirittura brutti, alla ricerca dei nuclei profondi della personalità dell’eroe fragile, del personaggio che per Nucci si può paragonare all’eroe omerico, perdente, e non a quello divulgato da riviste e rotocalchi che per anni si erano accaniti a raccontare il cacciatore dei safari africani o il frequentatore di corride, l’uomo dai tanti matrimoni e dal troppo alcol.
I libri di Hemingway vanno letti e riletti per coglierne lo stile; alla domanda di come fosse arrivato al suo stile così personale e tanto imitato, lo scrittore aveva risposto:
Descrivere le cose quali veramente erano spesso era molto difficile, e così scrivevo in modo goffo ed è questa goffagine che è stata definita il mio stile. Gli errori, le goffagini si vedono subito, ma li hanno chiamati stile.
L’aspetto più significativo che Nucci coglie nella carriera di scrittore di Hemingway è il suo attaccamento al suo mestiere, alla solitudine che deve accompagnare il gesto della scrittura, gesto che prevede una disciplina quotidiana, una grande concentrazione che esclude ciò che avviene fuori: mettere su pagina con semplicità nomi, oggetti, verbi, segni di interpunzione, costruire dialoghi serrati, raccontare la vita con cui si è confrontato, la passione amorosa che ha vissuto, le battaglie di ogni tipo a cui ha partecipato, le ferite che ha subito, le delusioni, le sconfitte.
Il lavoro dello scrittore era per Hemingway l’unico momento sereno, quello in cui ritrovava il più autentico sé, quello che gli consentiva di vincere la morte, sempre in agguato nei suoi incubi.
Nel libro Matteo Nucci ripercorre anche le sue passioni, quando ad esempio stabilisce un paragone tra il capolavoro Per chi suona la campana, titolo tratto dalla celebre Meditazione XVII di John Donne, e il racconto dell’Iliade: come Omero dei dieci anni dell’assedio di Troia si limita a raccontarne solo cinquantuno giorni, che riassumono quella epopea in modo magistrale; così Hemingway nel lungo romanzo sulla guerra civile spagnola sceglie di narrare solo quattro giorni e tre notti, capaci però di dare ai lettori l’intero senso di drammaticità di quella guerra, dove il protagonista Robert Jordan morirà, come Achille, il cui destino appare da subito segnato.
L’analogia tra lo scrittore americano e l’epopea omerica, che Matteo Nucci sottolinea in molte parti del suo lavoro, trova una conferma anche nelle parole del critico statunitense Bernard Berenson, che scrivendo su Il vecchio e il mare affermò:
È un idillio sul mare in quanto mare, non byroniano né melvilliano, semmai come in Omero. E’ una prosa tanto calma quanto avvincente, proprio come i versi di Omero…
Nel libro di Matteo ho ritrovato la maestra Gertrude Stein ed Ezra Pound, le litigate con Francis Scott Fitzgerald, le notazioni di William Faulkner, tanti scrittori, artisti, pittori, fotografi che hanno accompagnato la sua vita avventurosa; ma emergono soprattutto nel libro di Matteo Nucci alcune parole chiave, che rendono questo lavoro davvero originale: disciplina, semplicità, fragilità, amore, grazia, pietà.
Un’ultima citazione, che sintetizza il mondo poetico di Hemingway in modo esemplare:
L’uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto.
Con cui forse l’autore di questo libro ci aiuta a riflettere sul ruolo che lo scrittore ricopre nella società, in ogni tempo, quando è onesto e sincero, alla ricerca della essenza della parola che ricerca la verità profonda dell’essere uomini.
Sognava i leoni. L'eroismo fragile di Ernest Hemingway
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