Un tipo tranquillo
- Autore: Marco Vichi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2010
Il protagonista è Mario Rossi, ragioniere presso una ditta di imballaggi della periferia di Firenze, ormai prossimo alla pensione. Sposato con Gisella, padre di Simona e Francesco, nonno di due vivaci nipotini e appassionato di Rossini. Un nome comune. Una vita normale. Quasi banale. Una vita piatta, monotona, scandita da abitudini lavorative e familiari radicate negli anni. Una vita piccolo borghese, senza grandi problemi, né sussulti né scossoni. Soliti gesti quotidiani. Soliti orari. Per esempio, come quello di recarsi al lavoro sempre con lo stesso autobus. O come quello di sedersi a tavola per cenare in cucina, davanti al solito Tg2 delle otto e mezzo. Oppure ancora come il rito del pranzo domenicale insieme con la figlia, separata, e i nipotini.
Un venerdì sera, però, in casa Rossi accade una tragedia che sconvolgerà la vita del protagonista. Da quel momento egli cambierà pelle, trasformandosi pian piano in un’altra persona. L’impiegato scrupoloso, il marito fedele, il padre modello che ha vissuto fino ad allora in un autentico torpore esistenziale, cercherà disperatamente di recuperare un’intensità di vita mai conosciuta.
L’anziano ragionier Rossi vivrà esperienze ed emozioni nuove. Forti. Alcune addirittura pericolose per la propria incolumità. Quasi una vita avventurosa, che lo condurrà prima a Roma, poi a Parigi.
Banalità e routine quotidiane possono creare un comodo guscio di false sicurezze. A lungo andare, però, esse svuotano dentro di ogni possibile energia vitale, fino alla completa assuefazione. Ma ad un tratto, ecco che può scattare in noi la parte maligna più nascosta. Quella con la quale noi stessi abbiamo paura un giorno di poterci confrontare. Mario Rossi passerà da un’esistenza grigia e noiosa ad un’esistenza nera ed eccitante. Dalla piattezza assoluta alla dimensione oscura del male, della cui scoperta egli più volte si meraviglierà.
Un mostro sprigionato da una personalità insignificante, mite, quasi remissiva davanti allo scorrere di giornate tutte uguali.
Attraverso lo stile essenziale di Marco Vichi, la tensione narrativa del romanzo sale via via in progressione proprio come in un crescendo rossiniano, con un finale sorprendente da suscitare nel lettore sentimenti contrastanti.
Un Tipo Tranquillo
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Se uno degli aspetti più inquietanti del Male è la banalità e il grigiore delle persone che lo incarnano (come la nota tesi di Hannah Arendt ha insegnato da tempo), il ragioner Mario Rossi – nomina significantia rerum.. - ne è un esempio concreto e, forse, più vicino a noi di quanto sembri. Dopo aver infatti condotto una vita monotona e ripetitiva, scandita dai ritmi lavorativi e domestici, Mario scopre, in seguito all’improvvisa morte della fedele moglie Gisella, di avere nel profondo del suo animo pulsioni e desideri inconfessabili e, forse, provati anche in passato ma mai “ascoltati”. Ma una volta strappatasi la solida rete di certezze, abitudini, orari e rituali rassicuranti per la sua indole di uomo onesto e stimato da tutti, Mario avverte il desiderio di dare una svolta alla propria esistenza, di fuggire lontano con i soldi della liquidazione dovuta. Preso dall’euforia di una sorta di cambio di identità – come non ricordare il Mattia Pascal pirandelliano? – il protagonista si reca a Roma, convinto che una vita sregolata e promiscua (spenderà una fortuna nella frequentazione di una giovane prostituta) possa soddisfare le pulsioni represse da tempo e farlo tornare ad essere un uomo “normale”, come tanti; ma ciò non sarà possibile dato che, tornato a Firenze, un nuovo turbamento prenderà il suo animo e quell’attrazione insana per una ragazzina lo porterà a concretizzare quel Male che, latente per anni, prenderà corpo in questa incarnazione di “borghese piccolo piccolo”. Negli ultimi momenti da uomo libero Mario sente finalmente, in una atmosfera da catarsi tragica, che tra poco “ sarebbe finito tutto e non ci sarebbe stato più niente da dire e da spiegare” (pg.235), perché avverte con chiarezza la liberazione da quel Male che aveva attanagliato.
Un’orribile quanto disarmante verità è dunque quella che Vichi propone; è una realtà potenzialmente presente in ogni uomo e terribilmente attiva quella che l’autore narra, come le cronache quotidiane ribadiscono, purtroppo, da tempo; Vichi sembra dirci insomma che nessuna tecnologia, nessun progresso estirperanno dall’essere umano la propensione a commettere azioni orribili anche se l’uomo si illude che non sia così, e in questa illusione continua a cullarsi.