Viaggio in India. Racconti indiani
- Autore: Hermann Hesse
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
“Viaggio in India. Racconti indiani” di Hermann Hesse permette al lettore di vivere le sensazioni e le emozioni dell’autore che, nel territorio asiatico, ha scoperto e ritrovato le sue più profonde radici.
“La mia via verso l’India non passava per navi e ferrovie, ma attraverso magici ponti che dovetti io stesso trovare”.
Hermann Hesse osserva quel modo di vivere così diverso da quello Occidentale; egli comprende il lavoro degli uomini quando questo è ancora fatica, schiavitù, percepisce l’ininterrotto e rigoglioso prosperare della natura selvaggia e respira l’odore della lussureggiante vegetazione.
“Qui la vita ha ben poco valore, la natura non ha riguardo per nessuno e nulla risparmia”.
L’autore si sente come un mero spettatore, un testimone di fatti ed avvenimenti fino ad allora a lui sconosciuti.
“sarei rimasto in solitudine a guardare meravigliato l’enigmatica natura cui l’inaccessibile e l’irrazionale che erano in me si sarebbero uniti e avrebbero dialogato”.
Il volume è suddiviso in più parti: nella prima parte lo scrittore tedesco riporta il suo percorso, i suoi diari e, allo stesso tempo, narra qualcosa di sé, in Memorie dall’Asia descrive le sensazioni e le impressioni del viaggio, poi propone Racconti Indiani e, infine, l’ultima parte la dedica alle Poesie indiane.
I racconti indiani sono molteplici, alcuni di questi sono particolarmente pregni di quell’atmosfera orientale carica di magia: Notte nel bosco, Il piacere degli occhi, Passeggiata a Kandy, ad esempio.
Herman Hesse rivela del proprio incontro con i bambini, con cui non poteva nemmeno parlare se non scambiando poco più di una decina di parole, di quelle bambine rimastegli impresse nella memoria, così piccole ma allo stesso tempo malauguratamente così adulte, del grammofono, strumento il cui possesso sembrava essere la caratteristica degli europei in Oriente e del particolare incontro con Victor Hughes, un pressante venditore di farfalle.
Eppure
“in nessun paese straniero mi sono mai trovato così a mio agio, circondato dalla comprensione e dal sereno scorrere della vita, come qui”.
Lo scrittore comunica con il lettore, descrivendogli quel sentimento che noi europei, col nostro bagaglio culturale di tipo intellettualistico e individualistico, riusciamo a provare solo raramente, per esempio durante l’ascolto di una sinfonia di Bach.
Quel sentimento, in noi assente, di appartenere ad una comunità ideale e di trarne forza da una magica e inesauribile fonte, viene, invece, sentito ogni giorno nell’angolo più lontano del mondo.
Nei diari del grande scrittore tedesco traspare la speranza di vedere i figli delle nuove generazioni, forse della nostra generazione, ritrovare il coraggio, la gioia, lo slancio interiore per erigere monumenti e simboli della propria interiorità, così limpidi e chiari come quello del Buddha nei territori asiatici. In altri termini, ciò che sembra auspicare pare, probabilmente, il ritrovamento di un’arte di vivere interiore.
“non sarà mai per me così prezioso e importante quanto il forte sentimento di unità e di affinità con tutti gli esseri umani che ho raggiunto tra indiani, malesi, cinesi e giapponesi”.
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