1580: morte a Siviglia
- Autore: Susana Martìn Gijon
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Ponte alle Grazie
- Anno di pubblicazione: 2024
Sulla fascetta di copertina di questo romanzo dell’autrice spagnola Susana Martìn Gijon viene affermato che si tratta di un noir, in fondo sono così labili i confini tra i generi, nella enorme produzione di romanzi che caratterizza il nostro tempo.
Forse gli si addice meglio l’attribuzione di “thriller storico”, perché le vicende che coinvolsero l’impero spagnolo al tempo di Filippo II d’Asburgo sono di gran lunga le più presenti e interessanti nel ricco plot immaginato dalla scrittrice Susana Martìn Gijon in 1580: morte a Siviglia (traduzione di Elisa Leandri, Monica Magnin Prino, Tiziana Masoch, Ersilia Serri), il suo esordio in Italia per Ponte alle Grazie.
Si parte dall’anno 1580, nel porto di Siviglia, ricchissima città spagnola dalla quale è in procinto di salpare per le Indie la potente flotta del cristianissimo re di Spagna. Centinaia di navi e un galeone pieno di armati che dovrà scortare le navi che trasportano le ricchezze che vengono strappate dalle terre appena scoperte da Cristoforo Colombo e dai suoi numerosi compagni esploratori che ne seguono la rotta. Proprio alla vigilia della partenza la nave ammiraglia viene deturpata: al posto della polena è stata issata la testa scorticata di una donna, una famosissima prostituta amata da molti uomini potenti. Era molto nota nel bordello autorizzato, detto “Babilonia”, dove ragazze giovanissime si prestavano alla lussuria dei potenti.
Violante era una donna speciale: studiava le erbe officinali, le droghe, le spezie, per produrre creme, unguenti, bevande capaci di lenire le malattie veneree di cui le giovani prostitute si ammalavano e aiutarle nei casi frequenti di gravidanze indesiderate.
Dopo quell’osceno delitto, altre donne vengono catturate e uccise, come un trofeo sulle navi che c’è chi non vuole che salpino per le terre americane. Altre donne compaiono nella storia: la bella mulatta Damiana, orfana, la migliore amica di Violante, che cerca di mettersi in contatto con l’amica d’infanzia Carlina, ora rifugiatasi in un convento di Carmelitane scalze col nome di suor Catalina. Siamo ai tempi di Santa Teresa di Gesù, di Juan de la Cruz: sono numerosi i personaggi storici che compaiono nel libro, moltissimi anche quelli di fantasia.
Suor Catalina in convento è confortata da un gesuita, suo confessore, che le porta in segreto libri laici, che la ragazza divora con avidità; ma la badessa la sorveglia, e il clima fortemente severo con l’eresia in agguato porterà la povera suora a essere catturata dal sant’Uffizio. Qui l’autrice non lesina scene di tortura raccapriccianti, gran guignolesche, che ci riportano alla storia feroce di quei tempi.
Quando finalmente le navi riescono a prendere il largo, si scoprirà che una donna clandestina è riuscita a salire a bordo. Si tratta di Damiana, che porta con sé un segreto che viene dalla sua nascita. La parte più coinvolgente del romanzo è il racconto della vita di bordo nel lungo periodo di navigazione, seguendo i venti alisei: noia, fame, sete, paura dell’ignoto, gli uomini sono stremati, incattiviti, violenti, sporchi, pronti a qualunque nefandezza.
Non sveliamo il seguito del thriller, ma certamente l’autrice nelle oltre 500 pagine del racconto sa affrontare tutti i temi, raccontando in modo romanzesco le imprese di un colonialismo selvaggio che, oltre a depredare dei loro tesori gli indigeni, uccideva un numero incredibile di sudditi spagnoli, che perivano nei naufragi e nelle spaventose tempeste per difendersi dalle quali non c’era ricchezza sufficiente.
127 capitoli, che alternano la storia dell’anno 1580, con quella di un passato, a partire dal 1278, quando ha origine questa lunga epica, di cui capiremo il senso solo nelle ultimissime pagine finali. Per gli appassionati di storia europea, un bel ripasso molto efficace.
1580: morte a Siviglia
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