A che punto è la notte? Tracce di pensiero vigile
- Autore: Claudio Sottocornola
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Conclamata la morte cerebrale della critica militante, e di contro la proliferazione di scemi che si muovono (Battiato) su palchi e televisioni di tutto il mondo, ha ancora senso scrivere di canzoni?
Dopo anni di esplorazioni-reinterpretazioni late della musica italiana, l’ex filosofo del pop Claudio Sottocornola si attesta su ambiti ermeneutici idonei a tempi crisi. Auspico possa abbuonarmi la licenza cantautorale che mi prendo, suggeritami dal titolo del suo nuovo libro.
Per libera associazione A che punto è la notte? Tracce di pensiero vigile (Oltre edizioni, 2024), prima ancora che ai versetti biblici da cui è desunto (Isaia 22:11-12) mi ha fatto pensare alla sontuosa Shomèr ma mi-llailah di un Guccini imperdibile, che ispirata a suo volta al passo biblico di Isaia, lo connota (complice la musica) di poetismo e valenza ulteriori.
Cito funzionalmente a ciò che scriverò in appresso:
(…) Io, la vedetta, l’ illuminato, guardiano eterno di non so cosa
cerco, innocente o perché ho peccato, la luna ombrosa
E aspetto immobile che si spanda l’ onda di tuono che seguirà
al lampo secco di una domanda, la voce d’ uomo che chiederà
Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
Sono da secoli o da un momento fermo in un vuoto in cui tutto tace,
non so più dire da quanto sento angoscia o pace,
Coi sensi tesi fuori dal tempo, fuori dal mondo sto ad aspettare
che in un sussurro di voci o vento qualcuno venga per domandare
E li avverto, radi come le dita, ma sento voci, sento un brusìo
e sento d’ essere l’ infinita eco di Dio
E dopo innumeri come sabbia, ansiosa e anonima oscurità,
ma voce sola di fede o rabbia, notturno grido che chiederà
Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
Tradotta a latere delle sue significazioni escatologiche, l’ultima frase suona più o meno come “Sentinella, quanto resta della notte?”. Cioè quanto ancora rimane da aspettare perché passi questo buio?
Cioè il buio emblematico di ottenebramento assiologico e teleologico nel quale si brancola senza soluzione di continuità. Viene da chiedersi se in Isaia come in Guccini (si parva licet) l’attesa non sia godotiana. Cioè attesa interminabile. Cioè attesa per l’attesa. Una condizione esistenziale, acutizzata oggi dalla notte eterna in cui siamo stati precipitati dall’instaurarsi sistemico di una realtà senza albe (vie d’uscita) né valori.
Già a partire dall’introduzione, Sottocornola esplicita senso e significato, sottesi e palesi, del suo nuovo lavoro:
“(…) La sentinella risponde: ‘Viene la mattina e viene anche la notte. Se volete interrogare interrogate pure; tornate e interrogate ancora’. L’enigmatica risposta della sentinella biblica (…) è stata variamente interpretata, ma certo è che essa delinea i contorni di un’attesa che non può cessare e trae giovamento dalla persistenza della domanda entro lo scenario cupo di un’oscurità che tarda a dissolversi e che comunque ritorna. Sia che si attenda la fine dell’esilio babilonico, sia che si aspetti l’escatologico ‘giorno di Jahvè”, la vigilanza sembra allora l’unica possibile risposta atta a coltivare la speranza di un’alba questa volta senza fine, immagine del gioioso e definitivo compimento. Ma è proprio questa dimensione ultima a mancarci nell’esodo della Storia, che ci fornisce solo risposte parziali, prospettive provvisorie, squarci frammentari ed episodici di verità e bellezza, entro il buio persistente e anonimo di una quotidianità insensata o almeno indecifrabile. Quella in cui dobbiamo muoverci, restare, cercare, vigliare appunto”.
Ho letto tanto di Claudio Sottocornola, e a ogni lettura si rafforza l’idea di un filosofo della trascendenza in rapporto con l’immanenza. In perenne equilibrio, mi spiego meglio, fra pensiero debole e metafisica.
Post-verità e pluralismo. Crisi del sacro. Nostalgia dell’infanzia. Sfruttamento animale. Gender e dimensione sessuata. Vita nel cosmo. Sono alcune delle stazioni in cui si declina A che punto è la notte?.
Dieci saggi lunghi (pubblicati per la rivista "Il Cenacolo") restituiti nella loro versione integrale, secondo direttive che mi piace pensare come collanti e moventi di un’indagine parcellizzata su questioni critiche di attualità. Con la misura speculativa che gli è propria, Claudio Sottocornola dialettizza pars destruens e costruens, lasciando cioè spazio alla critica come alla speranza, assumendo come cardine l’immagine biblica della sentinella immersa in un buio senza fine che racchiude e indica il senso di una fede ab absurdum.
Di una ricerca inesausta. Di uno scrutare al di là delle tenebre, alla ricerca di un senso che abita forse, in primo luogo, nello scrutare - nel ricercare - senza fine. Nel testo di Sottocornola, l’orizzonte di senso resta aperto, sgombro da cordami precettistici. E anche in questa ampiezza spaziale alberga la forza ermeneutica del pensiero vigile dell’autore, filosofo dalla prosa gentile e stratificata. A che punto è la notte lo comprova. Una volta di più.
A che punto è la notte?: Tracce di pensiero vigile
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