Acquamara
- Autore: Pietro Esposto
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2017
“Acquamara”, è un romanzo di mafia che Pietro Esposto ha ambientato nell’omonimo immaginario paesino del palermitano. Un piccolo universo siciliano, un teatro di personaggi, figli di un periodo storico – gli anni Sessanta – che si muovono in una società quasi interamente collusa con il pensiero mafioso.
Il protagonista principale è Titta Mezzasalma, magistrato ligio al dovere con una particolare passione per le donne. Il giudice indaga su uno strano incidente avvenuto nella locale cava di tufo, “una minchiata d’incidente”, dicevano. Titta trova l’aiuto, inatteso e inedito, di un gruppo di giovani militanti del PCI, Mario, Costanzo, Pino e la battagliera Dora, veneta trapiantata, audace e speranzosa di portare al Sud il vento della rivoluzione del Sessantotto. L’indagine coinvolge uomini di ogni estrazione socio-culturale e impiegati in professioni diverse ma che, in un modo o nell’altro, colludono con la mafia sino a farne parte.
Pietro Esposto sceglie di descrivere la mafia senza effetti scenici, senza attingere dalla fiction: mafia non come organizzazione quanto, piuttosto, come pensiero, lì dove si opera nella sottomissione, nella connivenza, dove si accantona un principio etico per ottenere un beneficio, senza necessariamente ricorrere a rappresaglie, intimidazioni, pestaggi, omicidi. È il caso dei favori che si chiedono e si fanno, a tutti i livelli. La mafia, però, la troviamo anche negli episodi di mobbing e stalking, nelle macchine bruciate, nel clientelismo, nelle raccomandazioni al lavoro che sfociano nel collocamento a tutti gli effetti. Monopolio, questo del collocamento clientelare, di chi sta in una posizione di potere:
“Al municipio di Acquamara, Lo Cascio poté collocare un fratello, tre cugini, quattro nipoti diretti, tre indiretti, coniugi di altrettanti diretti, figliocci, padrini, compagni di scuola e di caccia”.
Pensiero mafioso che troviamo nei doni, nella manipolazione dell’informazione pubblica, nel dire che con la legge pane in casa non se ne porta e che in gioco c’è l’incolumità della propria famiglia, nei conflitti d’interesse, nell’abuso d’ufficio, nel far leva sui punti deboli dell’altro per risultare più persuasivi, nello strumentalizzare gli interessi dell’altro per perseguire i propri. E se qualcuno non è d’accordo, o è “caruso”, o “pecorella smarrita” da riportare all’ovile, o albero da raddrizzare finché è giovane.
In “Acquamara” Pietro Esposto racconta una Sicilia che è anche la sua, la racconta da siciliano, nei contenuti narrati come anche nel linguaggio utilizzato. Lo cogliamo dall’uso del dialetto siciliano, nella parlata tipica dell’entroterra palermitano, di cui la narrazione è piena, in una contaminazione linguistica continua, dove la parola d’ordine è “minchia” ma accanto a proverbi, detti, figuralità proprie di quella cultura. L’autore cerca, in fin dei conti, di ricreare, attraverso la mimica e la gestualità dei personaggi, l’atmosfera della sua terra, nel tentativo ideale di romanzare la straordinaria bellezza di luoghi a lui cari. “Acquamara” (edito dalla catanese Prova d’autore) è, dunque, anche un atto d’amore per la Sicilia.
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