Ali e nomi. Flavio Giurato si racconta di Giuseppe Catani

Flavio Giurato non è esattamente il primo nome che venga in mente a chi voglia nominare un cantautore: anzi, al pubblico mainstream risulta del tutto sconosciuto. Sentendo il suo cognome l’italiano medio pensa piuttosto a Luca Giurato, e fa quasi centro: si tratta, infatti, di suo fratello. Il terzo fratello era Blasco Giurato, mancato purtroppo da poco, affermato direttore della fotografia.
Ma restiamo su Flavio, protagonista di questo libro scritto da Giuseppe Catani, Ali e nomi. Flavio Giurato si racconta (Arcana Editore, 2022), a metà fra l’intervista e la biografia.

Flavio Giurato, sei album in studio, due live e un EP fra il 1978 e il 2020: eppure, come si diceva prima, è un nome che ai più non dice granché.
Relegato nel cantautorato di nicchia, non si piega alla logica delle major e non cerca il successo nazionalpopolare, consapevole del fatto che, per ottenerlo, dovrebbe rinunciare a una parte di sé troppo importante, forse la più vera e la più sincera.
L’ascolto dei suoi album più importanti, Il tuffatore e Marco Polo, evidenzia uno stile schietto e spigoloso, spesso lontano dall’orecchiabilità, con largo uso di canto parlato e con episodi costituiti da ripetizioni ossessive: uno stile che ricorda, a chi scrive, le esperienze solistiche di Federico Fiumani dei Diaframma. Ma, al di là dei paragoni (inevitabili, in campo musicale), quella di Flavio Giurato è una personalità al tempo stesso semplice e complessa, sicuramente affascinante, che merita di essere presa in considerazione: e forse proprio un libro come questo, oltre a costituire una chicca per i fans, può fungere da stimolo, per tutti gli altri, ad approfondire la conoscenza di questo personaggio e della sua musica, non fosse altro che per un ascolto su YouTube.

Del resto, lo stesso autore Giuseppe Catani racconta, nella breve introduzione, di essere stato introdotto al mondo di Flavio Giurato da un amico, tramite un’audiocassetta C90, uno di quei manufatti che i ragazzi d’oggi guardano come si guarderebbe un dinosauro.
Su quel supporto era inciso l’album Il tuffatore, e per Giuseppe Catani quello è stato l’inizio di un percorso musicale che dura ancora adesso. Tanto da fargli balenare in testa l’idea di questo libro, sviluppata durante il lockdown e limitata, purtroppo, a una conversazione a distanza, ingabbiata nei vantaggi e nei paletti dei mezzi telematici. Un’intervista, direbbe qualcuno; o piuttosto una semplice conversazione fra amici.

Giuseppe Catani, come si conviene a un bravo intervistatore, non si rende protagonista, ma lascia spazio all’intervistato, stimolandolo con domande brevi e mirate che lo accompagnano quasi per mano attraverso la sua carriera e il suo percorso artistico. Così le spiegazioni sul come è nata una determinata canzone e sugli aspetti più tecnici si mescolano agli aneddoti, ai ricordi di persone con le quali l’artista ha lavorato o avrebbe voluto lavorare, che hanno accompagnato i suoi anni migliori o che hanno solo sfiorato la sua esistenza.

Il tono è quello rilassato, a tratti scanzonato, di una serata fra due amici, nella quale ci si abbandona ai ricordi con un bicchiere di vino in mano.
Ma sbaglierebbe chi pensasse a un clima triste e nostalgico: i racconti sono immagini vive e tangibili, al punto da divertire e interessare anche chi ancora non conosce la musica di Flavio Giurato. Ancora, giustappunto: impossibile, infatti, dopo la lettura di questo libro, non incuriosirsi e non andare a ricercare in rete la musica di questo sorprendente artista. Del resto, le perle non sono per tutti...

Merita una nota la spassosa appendice “Entryleaks” scritta dallo stesso Giurato e da Guido Celli, poeta e musicista, suo collaboratore. Dedicata alla Entry, l’etichetta discografica fondata dallo stesso Giurato, è un manualetto semiserio, o, come viene definito, “una mappatura di materiali e metodi utili per l’azienda e fondamentali per l’essere umano”.
Un elenco di comportamenti, atteggiamenti, consuetudini che, in ultima analisi, potrebbero essere utili a chiunque per affrontare il lavoro in modo molto più scanzonato, guadagnandone in salute e, magari, anche in efficienza.