Altar Khnotto. Leggenda cimbra
- Autore: Edoardo Bertizzolo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2004
Nel 2004 l’Istituto di Cultura Cimbra di Roana (Vicenza) ha pubblicato il libro Altar Khnotto. Leggenda cimbra del poeta Edoardo Bertizzolo. Quello che lo scrittore ha composto è un racconto epico che riprende e rielabora le leggende che circondano l’“Altar Knotto”, un grosso masso posto a strapiombo sulla Val d’Astico, che la fantasia popolare voleva frequentato dai nani e luogo destinato dai barbari germanici ai sacrifici umani. L’opera è stata stampata in un’edizione bilingue che affianca l’italiano al cimbro, l’antico linguaggio tedesco dei Sette Comuni vicentini.
Indubbiamente, l’intellettuale ha meditato sulle forme narrative impiegate nei cicli mitici delle diverse tradizioni e ha cercato di razionalizzare i miti sull’altare di pietra, per travasarli in una trama connotata da una complessità estranea alle fole un tempo trasmesse oralmente.
Asse portante della vicenda inventata da Bertizzolo è il passaggio dal politeismo al Cattolicesimo nel piccolo mondo di una misteriosa comunità di montanari, da cui scaturiscono reciproche incomprensioni e un rapporto conflittuale tra i “vecchi” e i “giovani”. Il problema che attraversa la struttura del racconto è che i Cimbri dei monti veneti non sono i discendenti dei Cimbri sconfitti da Gaio Mario (157 a.C.-86 a.C.) nel 101 a.C., ma i pronipoti dei coloni tedeschi chiamati in Italia dopo il Mille al fine di ripopolare delle aree disabitate. La cristianizzazione dei territori dell’attuale Regione Veneto è avvenuta nei primi secoli dopo Cristo e i boscaioli Cimbri scesero dalla Germania già cattolici, ragion per cui l’epopea immaginata dall’artista crolla insieme al “pregiudizio cimbrico”, che comunque ha affascinato numerosi altri prosatori e studiosi attraverso i secoli.
Gli eventi descritti in Altar Khnotto si collocano in un tempo imprecisato e sui selvaggi pagani non sono fornite che poche informazioni: anziché alla venerazione degli Asi nordici, essi sembrano legati al culto di una misteriosa dea (apparentemente crudele e capricciosa) e questo è un altro punto su cui ci si può soffermare a riflettere. Quella del “matriarcato neolitico” e della venerazione della “grande Dea” in area indoeuropea è una teoria ottocentesca ancora screziata di tinte romantiche: un’ipotesi già decostruita dalla moderna archeologia, ma tuttora cara agli adepti della New Age. È inoltre ormai provata l’insussistenza delle tesi inerenti alla possibile esistenza nella preistoria europea di civiltà con un’organizzazione sociale “matriarcale”.
Trattandosi di letteratura, non è richiesto allo scritto di motivare o argomentare le affermazioni che riporta (non si è al cospetto di un testo storiografico), tuttavia le linee interpretative che hanno originato l’opera sono esposte nella presentazione di Dionigi Rizzolo come una somma di studi antropologici e storici, e questo crea una sovrapposizione di piani stridente. Le analisi e le conclusioni tratte dal prefatore cozzano inevitabilmente con la realtà storica e non aiutano il lettore a farsi un’idea genuina della genesi culturale dei popoli dei Sette Comuni, argomento verso cui, al giorno d’oggi, sarebbe auspicabile un approccio impostato su una maggiore serenità.
Scelte editoriali differenti avrebbero evitato di attrarre queste critiche a un lavoro di fantasia, in sé piacevole, nonché apprezzabile per l’utilizzo del cimbro, patrimonio linguistico da tutelare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Altar Khnotto. Leggenda cimbra
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