Amore di Masca. Streghe e inquisitori ai tempi dei Savoia
- Autore: Claudio Danzero
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2012
Brucia le streghe, non importa se sono innocenti. Claudio Danzero premette ch’è frutto di fantasia il romanzo Amore di masca. Streghe e inquisitori ai tempi dei Savoia, dato alle stampe nel 2012 per l’Editrice Tipografia Baima & Ronchetti di Castellamonte-Torino (364 pagine). Laureato in psicologia e al debutto nel genere narrativo dopo testi di linguistica, storia industriale e dinamiche sociali, avverte in una nota che il racconto è immaginario, sia pure in una cornice storica rigorosamente verificata. Quando anche riferiti a elementi reali, i personaggi e fatti descritti sono romanzati, echi di narrazioni e leggende tuttora vive nella tradizione popolare del Canavese.
È quindi autentico il contesto storico delle vicende, ambientate nel territorio d’Ivrea. Nella seconda metà del 1500, una persecuzione delle streghe senza precedenti aveva insanguinato l’entroterra ligure, con epicentro a Triora, sull’Appennino, non distante dalla marca eporediese. Le conseguenze di una carestia gravissima e mai tanto lunga ebbero gioco facile nell’indirizzare contro alcune malcapitate il sospetto d’avere provocato la piaga, in combutta col demonio. Le accusate erano per lo più donne sole, con una padronanza delle proprietà delle erbe spontanee che permetteva di affrontare la fame con qualche risorsa in più. Questo bastò a provocare pregiudizi fatali e a scatenare torture e processi dell’Inquisizione.
L’atmosfera di superstizione e crudeltà collettiva è ben rappresentata nel romanzo. Un prologo descrive le modalità di un processo a tre imputate di stregoneria, a Rivara, sempre nel Canavese. Sono condotte nella sala del tribunale del castello coperte dalla testa ai piedi con una tunica bianca, gli occhi bendati perché non possano ammaliare gli astanti, legate con robuste funi per essere tratte a distanza dai secondini, a evitare ogni pericoloso contatto fisico. Vengono poste su barelle di tela sollevate da terra, per impedire loro di trarre energia malefica dal suolo. Il giudizio si conclude col rogo per due e l’espiazione nelle segrete per la terza. Il giorno dell’esecuzione, le condannate vengono condotte verso il patibolo con le lingue serrate da una morsa, in modo da non poter lanciare maledizioni.
Dieci anni dopo il processo di Rivara del 1484, una bolla papale ha riconosciuto l’esistenza delle “strie quod masche” (streghe quindi maghe), dedite a commerci carnali con i diavoli e ad ammascamenti di persone e animali. Innocenzo VIII concedeva qualsiasi potere all’Inquisizione per individuarle e debellarle. C’era la scomunica per chi ostacolasse l’operato dei delegati del Santo Uffizio.
Ma veniamo a un secolo dopo. Se la calunnia è un venticello, anche nelle colline del Canavese nasce come un soffio ma diventa un turbine inarrestabile.
In segreto, Raimondo ama da sempre Giulia, che mostra candidamente di preferire un altro e il giovane avanza in confessione al parroco don Adriano il sospetto infondato che la ragazza sia una masca. Il suo processo mentale è semplice: è solo una “donnaccia”, non merita il suo rispetto. Lo ha circuito fin da bambina con i suoi modi delicati, ma solo per tradirlo in quel modo. Sì, lo ha stregato, con la sua bellezza e i capelli rossi, proprio come quelli delle masche.
In aggiunta, dice al prete di avere visto Giulia sotterrare un gatto nero in un sacco e poco dopo è arrivata la notizia che il bambino della Bianca è nato morto. Una tragedia per tutto il circondario.
Il parroco conosce bene la giovane e non crede a quanto confessato da Raimondo, ma non può fare a meno di sentirsi scosso dalle circostanze. Se le lascia sfuggire nel rapporto all’anziano inquisitore Brayda de Rivara, di passaggio per verificare la penetrazione dell’eresia in zona. Il domenicano si erge in tutta la sua autorità: ha trovato pane per i denti aguzzi di accusatore. Ammonisce i religiosi presenti sul male che si anniderebbe nella carnalità femminile, dove troverebbe a più spazio che negli uomini, come risulta da molte “turpitudini” delle donne, a suo dire. Sono più deboli dell’uomo, nell’anima e nel corpo e ricorrono alla stregoneria per uguagliarli.
Per de Rivara, altro che brava ragazza, filatrice di canapa, orfana di padre e figlia della donna che viene chiamata ad aiutare le partorienti. Giulia stessa ha assistito la puerpera sfortunata ed è rossa di capelli.
Disorientata, incredula, viene prelevata dai preti che le chiedono di liberarsi dal peccato con una franca confessione. La madre, cercata anche lei, ha pensato bene di allontanarsi e non viene trovata.
Tutto precipita per la povera Giulia, rinchiusa in un monastero presso la Pieve di Santa Maria de Doblatio, affidata a suore inflessibili, anche se non manca qualcuna dall’atteggiamento benevolo. Le religiose svolgono un ruolo di supporto all’Inquisizione: alla vigilia del XVII secolo sono quasi finiti i tempi delle torture, si ricorre a metodi meno cruenti ma sempre pervasivi. L’imputata viene sottoposta a una pressione psicologica, che consiste nel rassicurare a parole rinviando invece senza fine il perdono promesso.
Una giovane è reclusa. Altri due fuori si danno da fare per lei. Ci sarà un barlume di speranza in questa storia?
Amore di Masca. Streghe e inquisitori ai tempi dei Savoia
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