Anni senza perdono
- Autore: Victor Serge
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Le forme declinate di potere dettano il passo al cambiamento dei tempi: ciò che rimane inalterato del Sistema è l’intento coercitivo che ne sottende l’esercizio e si perpetua ab origine. Per riferirci all’oggi, così si esprime Giorgio Agamben intorno alla questione:
"Il totalitarismo moderno può essere definito [...] come l’instaurazione, attraverso lo stato di eccezione, di una guerra civile legale, che permette l’eliminazione fisica non solo degli avversari politici, ma di intere categorie di cittadini che per qualche ragione risultino non integrabili nel sistema politico. Da allora, la creazione volontaria di uno stato di emergenza permanente (anche se eventualmente non dichiarato in senso tecnico) è divenuta una delle pratiche essenziali degli Stati contemporanei, anche di quelli cosiddetti democratici.”
Non si rintracciano, in altre parole, differenze sostanziali tra le amministrazioni neoliberiste dei governi e quelle staliniste della Russia anni Trenta in cui Victor Serge ambienta i due racconti di Anni senza perdono (PaginaUno, 2022). Mutano i contesti ma il fondamento rimane identico: laddove non si verifichino forme di assopimento di massa (come evidenzia la nostra più recente attualità), il rapporto tra Stato e Individuo è vissuto come un rapporto condizionato in partenza, in quanto scaturigine di un conflitto inalienabile: da una parte chi ordina e prevarica (lo Stato) dall’altra chi tenta di salvaguardare ambiti fondamentali e sempre più esigui di libertà.
Più ancora che Il vicolo San Barnaba (si auspica la morte di una vecchia per toglierle la stanza) è L’ospedale di Leningrado il racconto in cui in Anni senza perdono si evidenzia la discrasia tra individuo-dissidente e potere. Senza per forza scomodare Michel Foucault (Sorvegliare e punire), il manicomio è stato – ed è, in espressioni differenti – il (non)luogo predisposto dallo Stato, per alienare e contenere chi procede “in direzione ostinata e contraria” (F. De Andrè): pazzi, disobbedienti sociali, refrattari alle regole, i possessori-portatori di pensiero autonomo.
“Nel 1923, mentre abitavo a Leningrado, conobbi direttamente la psichiatria e le sue istituzioni […]. In quegli anni già correvano avvenimenti inquietanti: alla carestia nelle città e alla miseria nelle campagne si accompagnavano le prime avvisaglie del terrore; oscuri omicidi e implacabili persecuzioni colpivano i tecnici, gli oppositori del Regime, i contadini e persino le idee.” (pag. 99)
C’è da tenere in conto il fatto Victor Serge (1890-1947) non fosse un conservatore anticomunista come, ad esempio, Aleksandr Isaevič Solženicyn; in forza di ciò la sua critica al sistema staliniano, si carica “da sinistra” di connotati antisistema efficacissimi, di caratura traslabile e universale. Nessuna illusione quindi, per gli odierni progressisti (?) dalla coscienza asservita alle autocrazie apparenti e inapparenti filo-americane: la dittatura non è pertinenza del passato, e nemmeno esclusiva sovietica: il j’accuse di Victor Serge collocato all’alba del regime di Stalin si accorda benissimo ai tempi di tirannia del Capitale, come del resto l’aforisma ontologico e politico con cui Serge inaugura Memorie di un rivoluzionario:
“Fin dall’infanzia, mi sembra d’aver sempre avuto, molto netto, il doppio sentimento che doveva dominarmi durante tutta la prima parte della mia vita: quello cioè di vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile”.
Ai sopravviventi alle moderne lobotomie di massa, e ai portatori sani di autonomia di pensiero, la lettura di Anni senza perdono dà i brividi proprio sulla scorta della sua spaventosa attualità.
La postfazione che chiude il volume, uscito nella collana “Il Bosco del Latte”, è dell’ottimo Iacopo Adami.
Anni senza perdono
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