Aspesia Blues
- Autore: Andrea Fantini
- Anno di pubblicazione: 2010
Alba degli anni 90, alba di un giorno qualunque nella soffocante estate di Aspesia, nella pancia del serpente, nel ventre profondo della provincia laziale. Tra il vocio familiare della televisione e le note lontane dei Cure una è la domanda ineludibile, inevitabile, che assilla i sensi ancora confusi di Pietro: cos’è successo ieri notte?
Vuoto, tracce di pillole ingurgitate, sorrisi, sapore di birra calda evaporata.
Questa domanda prende per mano il lettore e lo accompagna tra le pagine del romanzo, in una discesa agli inferi che ha le voci dei cinque protagonisti, antieroi di una generazione x messa all’angolo dalla sfiducia nel futuro, dalla mancanza di identità, dalla vita apatica in una provincia invisibile, in un cocktail nero di droghe e noia che sembra l’unica ricetta per sopravvivere all’adolescenza. Sullo sfondo, l’Italia della precarietà, dell’instabilità lavorativa che avanza, del crollo delle religioni e dei dogmi, con le ombre di Tangentopoli che iniziano ad allungarsi fin dentro le case.
Un libro che parla con i toni egocentrici e insicuri tipici degli adolescenti, con suoni grunge e dialetti aspri di paese, e con un minimalismo esistenzialista che è il manifesto delle vite di questi, e di tanti ragazzi di ieri.
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Andrea Fantini è al suo primo libro, ma già mostra un preciso talento: l’equilibrio. Con estremo piacere mi sono lasciata trascinare dalla sua scrittura su e giù tra l’aulico e il basso, realismo crudo e riflessioni alte, futile ed essenziale, violenza, amore, crepuscolarità e gioia malinconica. Il tutto senza noia e senza eccessi, racchiuso all’interno di una storia appassionante, che varia molto anche grazie all’alternanza calibrata tra i punti di vista dei cinque protagonisti. Anche la scrittura scorre fluida, mai caotica se non dove i più intimi pensieri dei giovani protagonisti si accavallano (volontà di rispecchiare il caos di menti postpuberali o eccesso di zelo autoriale?). A tal proposito, mi è piaciuto il sottile espediente narrativo che dà circolarità al romanzo e tiene insieme le fila della vicenda, che si apre con le inquietanti domande di Pietro e si chiude con il rifugio del ragazzo nell’oblio, "nell’atto di prepararsi a dimenticare". Un ultimo cenno anche al linguaggio, duro e diretto, che rispecchia la realtà di una provincia aspra senza camuffamenti o finte iposcrisie: coraggioso l’autore esordiente, coraggiosa la casa editrice Enzo Delfino, che tra l’altro scopro essere altrettanto "giovane". I miei migliori auguri a entrambi per futuri successi.