Atlante degli abiti smessi
- Autore: Elvira Seminara
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2015
L’ultimo romanzo di Elvira Seminara, “Atlante degli abiti smessi” (Einaudi, 2015), sembra vivere delle atmosfere care al cinema d’essai.
Un dialogo rarefatto incorniciato dal silenzio delle risposte, il senso di colpa sempre vivo e tagliente che non risparmia nessuna pagina, nemmeno quelle colorate in cui l’autrice utilizza una narrativa di sperimentazione intercalando random un indice infinito di abiti smessi, i suoi, o meglio della sua protagonista, Eleonora, una cinquantenne -supponiamo- dall’aria bizzarra che fugge a Parigi per riprendersi la sua esistenza bohémienne che la vita borghese di madre e moglie le aveva a suo dire sottratto.
Lascia così alla figlia Corinna un’eredità curiosa di abiti - quelli che chiunque avrebbe eliminato- come prezioso patrimonio, completo di istruzioni per l’uso, da salvaguardare, conservare e forse addirittura amare.
Crede cioè di fare un passo importante nel tentativo di uscire da una situazione opprimente di conflitto, di vuoto esistenziale, di comunicazioni interrotte, di pensieri a senso unico, aiutata dall’eccentrico dono di ricucire un rapporto strappato come un lenzuolo che ha subito troppi lavaggi e vestito troppi letti.
“Atlante degli abiti smessi” è un libro che corre su due binari, quello dell’elenco vorticoso, ostinato, inarrestabile, logorroico di vestiti elfi, vestiti forsennati, occhiuti, gialli con i bordini bianchi, quelli delle portinaie, quelli che ti intristiscono, quelli che ti aumentano di peso, quelli che ti fanno cadere le braccia…
E poi i flashback, brandelli del racconto tema centrale della vicenda, ed è così che scopriamo che il padre di Corinna è morto, che Eleonora lo tradiva ma che poi se n’era pentita, l’aveva cercato ma lui non la voleva più, aveva un’altra. Un’altra con cui ridere, con la quale dimenticare i litigi con Eleonora, le sue rivalità con Corinna, il suo modo di essere divertente ma perennemente immatura.
Elvira Seminara affronta in toni "leggeri", ma comunque velati da una profonda amarezza e malinconia un grande tema psicologico, quello della famiglia adolescente che Massimo Ammaniti (psicanalista di larga fama e padre di Niccolò) nel suo recente saggio racconta dal punto di vista clinico, genitori che faticano a diventare adulti e che nel tentativo erroneo di avvicinare i figli a sé per colmare le distanze e renderli complici e liberi da qualsiasi autoritarismo distruggono il senso stesso di famiglia e sfumano nel concetto baumaniano di famiglia liquida in cui i confini tra genitori e figli quasi non esistono e il costruire la propria identità diventa un’impresa impossibile.
Insomma è il caso di dire che il tessuto connettivo del romanzo è un intreccio di trama e ordito, di pensieri e nostalgie e di un linguaggio vestito di esempi calzanti ed esperimenti verbali propri della tradizione drammaturgica più feconda.
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