Atlas
- Autore: Marco Luné
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Aspettavo l’uscita di Atlas di Marco Luné (Sperling & Kupfer, 2021) fin da quando l’autore ne aveva fatto sapere l’esistenza. Volevo questo romanzo tra le mie mani, in parte perché sembrava una lettura "nuova", che dava una nuova lettura e prospettiva alla mitologia, in parte perché il semplice titolo — pescato dalla mitologia, neanche a farlo apposta — amplifica l’hype per il contenuto.
Tanti miti, anche nascosti
Il racconto delle vicende di Akira — la protagonista, di cui parlerò più avanti — è legato in tutto e per tutto alla mitologia: alcuni testi mitologici sono citati all’interno dei capitoli, altri invece accompagnano le vicende in sottofondo, senza mai emergere. Gli dèi raccontati sono "umanizzati", molto diversi dalla visione classica che abbiamo ereditato e a cui ci siamo affezionati e abituati col tempo.
A mio avviso forse sono stati descritti fin troppo diversi rispetto all’originale; sono stravolti molti tratti caratteristici pervenutici dalla mitologia classica, che forse avrebbero avuto un perché anche in questa storia piuttosto che svanire nel nulla o mutare così tanto.
Apprezzata invece la presenza dei numerosi mostri sacri che hanno riempito nei secoli, per non dire millenni, le pagine dell’epica come Achille e Ettore, Agammennone e Didone. Con mia sorpresa è stato dato loro un rilievo maggiore di quanto non avvenga normalmente nei testi moderni, che cercano di "rievocare" il mito antico senza abbandonare la vicinanza a una cultura più moderna, che legge diversamente e ricerca "cose" diverse.
La "nuova" antica Grecia descritta in Atlas
Se siete molto legati alla visione dell’antica Grecia come un luogo ricco di eroi, fieri personaggi iconici che si battono lealmente con il solo fine del compiere il bene e credete che gli déi fossero, almeno per buona parte del tempo, delle entità burlone che si divertivano a guardare gli uomini sulla terra e a far accadere eventi — buoni o cattivi — anche per metterli alla prova e far uscire il lato eroico che celavano, non leggete questo libro!
Lo dico per voi, davvero. Qui gli déi sono malvagi, non perseguono alcun fine buono nei confronti dell’umanità, come scoprirà nella storia Akira, e la Grecia antica è luogo di guerre, opposte fazioni che si scontrano perché caratterizzate da un’anima sanguinaria, vendicativa e superstiziosa che nasconde e arriva ad annullare ciò che sono i buoni sentimenti e le nobili virtù.
Non nascondo che forse questa visione di Luné possa essere quella più rappresentativa della realtà antica, quella che più appare esatta — per quanto si possa attribuire un tale giudizio a distanza di millenni — se si ripensa a quanto conosciamo di quei popoli. Potrebbe essere effettivamente vero che l’antica Grecia fosse un luogo dove ognuno puntava a ottenere quanto di meglio poteva permettersi anche a discapito del prossimo — ce le ricordiamo tutti, in fondo, le guerre del Peloponneso —, ma una visione così catastrofica e desolante forse è fin troppo negativa. Un compromesso più bilanciato potrebbe meglio porsi tra la visione idilliaca che da sempre siamo abituati a conoscere e la possibile realtà antica della situazione.
Ora all’interno della storia questo modo di interpretare l’antichità è funzionale a caratterizzare l’ambientazione, a far comprendere contro cosa e per cosa Akira si batta, ed è perciò necessario dare atto all’autore di essere riuscito nel suo intento. Al tempo stesso è anche riuscito, se ne consideriamo la possibilità, a far scivolare il lettore in un mondo a lui sconosciuto, che riprende tratti e materiale dalla mitologia ma dà origine a un qualcosa di nuovo e originale. Un qualcosa che davvero spiazza il lettore.
Akira: personaggio scontato, ma dai risvolti originali
Akira, va detto, è la protagonista che incarna alcuni tratti ormai sdoganati da tempo in romanzi di questo genere. Una giovane dal passato tormentato, odiata da tutti, che viene costretta dalle necessità a compiere un lungo viaggio che la porterà non solo a scoprire di più su se stessa, ma anche a battersi in nome di un ideale di libertà a cui è molto legata e nel quale crede profondamente. Nulla di nuovo, vero?
Ecco, l’originalità si trova non nel personaggio quanto nella sua storia. La narrazione non lascia alcuna indicazione sul finale, se non quando ormai il lettore è giunto a quella fase conclusiva della storia. Non possiamo prevedere con esattezza cosa accadrà perché i cliché che possono essere, almeno parzialmente, presenti nella caratterizzazione di Akira non si trovano nelle azioni raccontate. Non capiamo a pagina venti cosa le è stato riservato alla fine del suo cammino, e per di più man mano che prosegue la lettura, il lettore scopre notizie sempre nuove sulla giovane protagonista.
Lo stile della narrazione
La storia è interessante, il personaggio godibile anche nei suoi tratti più banali, l’ambientazione originale nel suo essere opposta all’ideale insito in tutti noi, la narrazione è imperfetta. Quando vengono ripresi i miti antichi, con l’idea di riscriverli o inserirli in un testo moderno, si rischia una semplificazione linguistica dovuta alla decisione di raccontare la storia in modo troppo semplice, troppo moderno rispetto al contesto che si sta descrivendo. In Luné accade l’esatto opposto.
La narrazione presenta un linguaggio molto vicino a quello antico, aulico, elevato nelle scelte linguistiche e nelle sottotrame che rendono, in alcuni punti e soprattutto all’inizio, difficile seguire la storia. Le pagine sono appesantite da una prosa ricercata, che affonda le proprie radici non tanto nell’antica espressione linguistica quanto nella volontà testarda di utilizzare un linguaggio complesso, ricco di fronzoli e termini eleganti.
Si parla di miti, ma siamo comunque all’interno di una storia moderna, una rivisitazione della mitologia classica. Questa ricerca aulica della terminologia non è funzionale al racconto, perché non dà niente in più alla storia — anche in virtù del fatto che vengono usate espressioni moderne, che certamente hanno poco a che fare con la maniera di parlare antica, tratto di per sé anche lodevole dato che ci troviamo in una rilettura moderna del mito antico —, ma è quasi un espediente per mostrare ai lettori, che a questo punto per non chiudere il libro alla famosa pagina venti devono essere acculturati o avere almeno una conoscenza abbastanza approfondita del vocabolario alto della nostra lingua (e anche un po’ di quella antica, non nascondiamolo), la cultura dell’autore.
Se ci si fermasse al tipo di linguaggio usato si potrebbe pensare che Luné abbia voluto dedicare Atlas a una nicchia di lettori conoscitori tanto della mitologia quanto della linguistica, un po’ pretenzioso forse per l’opera in sé e l’epoca in cui viviamo...
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Un libro perfetto per...
A chi sogna di vivere una storia nell’antica Grecia, rileggere i miti sotto una nuova luce e rispolverare un linguaggio alto da tempo abbandonato.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Atlas
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