Aurélia
- Autore: Gerard de Nerval
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2016
“Il sogno è una seconda vita”.
Comincia in questo modo “Aurélia”, il romanzo proto-lisergico del poeta-romanziere Gerard de Nerval (1808-1855), (ri)mandato in libreria nella collana Echi del labirinto di Moretti & Vitali.
Un attacco lapidario, di una lapidarietà da sentenza: c’è la vita e c’è la vita nel sogno. Contigue l’una all’altra, anticipo di un’ontologia frastagliata, dell’incontro col “doppio se stesso” come presagio di morte (secondo la tradizione tedesca) che allunga la sua ombra sul romanzo. Larga parte degli elementi costitutivi di “Aurélia” sono configurabili di fatto come duali, se non come molteplici, scissi, meta-significanti. “Aurélia” è per questo un romanzo prossimo all’onirismo (ma anche al viaggio oltretombale e all’allucinatorio), così come la prosa del suo autore agli influssi visionari di Gautier, al crepuscolarismo di Madame de Staël, al fantasmatico di Dickens, allo psichismo, alle fantasticherie oltremondane dantesche, all’apuleiano Asino d’oro (questi ultimi, in un capitolo del libro, esplicitamente richiamati a modelli).
La trama si offre dunque, in superficie, come una storia d’amore e di morte (l’amor fou, in quanto sublimato, nutrito da de Nerval per la defunta Amélie), ma è nel sottotraccia narrativo che produce appieno il suo carico specifico, gravido di malie, sogni a occhi aperti, esoterismi, proiezioni interiori, psicosi a un passo dalla vera e propria sindrome schizofrenica. Specifica più sottilmente Giancarlo Pontigia (a cui si devono cura e traduzione del romanzo), muovendo da una lettura di Théophile Gautier:
“«Si è detto che Aurélia è il poema della Follia. Il filosofo contempla con distacco le visioni dell’allucinato. Non le smentisce, non le combatte; le spiega, ne indica il punto di partenza, ne segue lo sviluppo, determinandone i rapporti con l’ambiente, le circostanze, gli incidenti, i presupposti e i ricordi della veglia e del sogno». Magnifica, insuperata definizione di questo libro in cui il mistero della vita, l’ossessione di un amore salvifico e fatale, il conflitto tra realtà e illusione, delirio e ragione, mondo notturno e mondo diurno non si dissolvono in figurazioni vaghe, in una perdita di coscienza, ma esigono un pensiero interpretativo, una visione più alta in cui tutto trovi posto, e si acquieti”.
Proprio la tangibilità dell’universo fantastico-delirante allestito da Gerard de Nerval, l’evidenza reiterata e senza mascheramenti dell’altrove psicotico, determinano l’insolita potenza di “Aurélia”; in anticipo di quasi un secolo sul “Pasto nudo” bourroghsiano, rendiconto senza infingimenti del delirio dal suo interno. Una lettura spessa, atipica, pre-esoterica, nera e affascinante al tempo stesso.
Aurélia
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