Baltico
- Autore: Matteo Collura
- Categoria: Narrativa Italiana
I moduli espressivi del discorso socio-storico e del procedimento inventivo interagiscono armoniosamente nel secondo romanzo di Matteo Collura, intitolato Baltico, (Reverdito Editore, Rovereto, 1988), dove lo scenario è il territorio minerario dell’agrigentino, rivisitato lungo un arco temporale piuttosto esteso che va dalla seconda metà dell’Ottocento agli anni Sessanta.
I motivi di fondo di questo itinerario, condotto secondo la tecnica del mosaico, sono le condizioni di vita degli zolfatari e l’emigrazione transoceanica.
Baltico perciò rientra nell’angolazione della scrittura “meridionalista”, si sintonizza per certi aspetti con la Sicilia di Leonardo Sciascia come era apparsa nelle Parrocchie di Regalpetra e mostra non pochi punti di contatto con I Siciliani (Cappelli, 1980), in cui Giuseppe Fava aveva parlato d’una numerosissima schiera cui era rimasta la condanna di un lavoro ormai inutile e bestiale, giacché nessuno voleva più comperare lo zolfo. C’è un filo ideale che collega Associazione indigenti con Baltico.
In entrambi, Collura muove dal sogno di un mutamento in meglio nel modo di vivere, ma finisce con l’annodare le fila della narrazione al senso della disillusione.
L’incipit di Baltico è memorialistico: recupera, con i modi e con le cadenze della favola, la genesi di fatti pioneristici, crea un’atmosfera epico-popolare e dà l’impulso a un insieme di storie di vita vissuta, aperte a ventaglio per arricchire un quadro storico e di costume.
L’epopea degli zolfatari, rappresentata con la forza di un lirismo coinvolgente, è incuneata nell’intera vita di “Grotte” (allora “un borgo ingrugnito seminascosto tra colline riarse”, antagonista di Racalmuto, paese natio di Leonardo Sciascia) e nell’operosità degli abitanti che, presi dal delirio dell’ascesa economica, manifestano notevoli attitudini imprenditoriali, strappando le viscere alla terra.
Affiora, dunque, dai primi capitoli una fisionomia dinamica della Sicilia in netto contrasto con l’indolente fatalismo evidenziato da Lampedusa.
Non a caso l’epigrafe di apertura della narrazione riporta un’espressione tratta da Poor Withe (“Povero bianco”, 1920), di Sherwood Anderson, dove si dice:
Zufolava mentre andava al lavoro e parlava spesso di un futuro di benessere e di abbondanza.
Collura si tiene attento all’impatto delle zolfare con l’ambiente.
Fa emergere il degrado umano dovuto all’abbrutimento della miniera e quello ecologico provocato dalle trasformazioni incontrollate del paesaggio; demistifica la macrostoria che è violenza sulla vita degli individui, mostra gli interessi contrapposti dei gruppi di lavoro, accenna a questioni concorrenziali e tecnologiche tra la Sicilia e l’America e suscita infine dubbi e interrogativi sulla via dell’emigrazione. Significative le vicende di Bartolomeo Ardito. La sua è un’espressione da sognatore con una vocazione, ereditata dai suoi stessi discendenti, a vedere un mare lontano, a evadere dal guscio del proprio ambiente non solo per conoscere il mondo, ma anche e soprattutto per sfuggire allo stato di indigenza.
Un personaggio, quindi, quasi mitico agli occhi dei paesani. Viene detto ad un certo momento da un grottese:
<<Vi racconterò di un uomo alto come un cipresso. Ne sentivo parlare da bambino. Quell’uomo, nostro compaesano, voleva andare a vedere un mare lontano, voleva imbarcarsi per raggiungere il Baltico. Un mare freddo, un mare che non si conosce. Andò in America, invece.
Nel suo fuggire e tornare pirandelliano si nientifica l’allucinazione di un sogno. Egli ritorna povero e malato al suo paese per morirvi, seppellendo con sé ciò che non avrebbe raccontato agli altri sull’amara verità di chi cerca una nuova vita in terra straniera. Sicché, la parola “Baltico, che dà il titolo al romanzo, da un lato indica un topos specifico, dall’altro è il simbolo di una attesa, alla fine inconsistente.
Al di là delle forti connotazioni sociologiche, storiche e antropologiche, nel romanzo acquista rilievo il modo di raccontare, evocato da uno sguardo “infebbrato” di visioni. Si colloca per esempio in primo piano l’episodio in cui lo scrittore mostra, attraverso suggestive sequenze, il contrasto tra le truppe dell’esercito regio e gli scioperanti che avevano occupato le miniere. Pure la descrizione dell’emersione di un’isola di zolfo in mezzo al mare davanti a Sciacca: la cosiddetta isola ferdinandea che tanto interessò il Gemmellaro, appare animata dal gusto scenico.
In sintesi, nell’opera coesistono una prosa tutta cose e la rocciosità del lessico, volte ad allontanare da ogni pagina il rischio della pura commozione o della tentazione cronachistica. Baltico rimane un valido libro di testimonianza sulla Sicilia che da sempre propone stupori e fallimenti.
BALTICO
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