Bellas mariposas di Sergio Atzeni

Scrittore poco noto, deceduto abbastanza prematuramente nel 1995, Sergio Atzeni ha lasciato questo delizioso racconto uscito postumo e forse incompleto dal quale lo scorso anno il regista Salvatore Mereu ha tratto l’omonimo film.

Scrivere in dialetto non è facile. Di poesie in lingua regionale ce ne sono molte, ci sono sempre state, ma una narrazione lunga finisce con l’essere difficile per un lettore di un altro luogo e il racconto non viene capito. Tuttavia molti in epoca recente hanno cominciato a proporre dei romanzi nelle lingue di origine partendo da Camilleri con il suo mix tra italiano standard e parole prese da tutta l’isola.

Sergio Atzeni, giornalista e scrittore, ha pubblicato altri racconti prima di Bellas mariposas, uscito dopo la sua morte occorsa proprio mentre stava revisionando il racconto, e in tutti i suoi lavori ha usato un linguaggio misto fatto di italiano ma soprattutto della sua lingua d’origine, il sardo, anche se incomprensibile a gran parte dei suoi lettori ma, al tempo stesso, potenza della narrazione e talmente possente da abbattere i confini del registro linguistico per diventa lingua universale.

Bellas mariposas è un lungo monologo della protagonista della storia, la dodicenne Caterina, che vive in un casermone popolare di periferia con la sua famiglia disastrata e ha il conforto della sua amica coetanea Luna anch’ella di famiglia disagiata.
L’azione si svolge in una giornata che inizia alle prime ore di un caldissimo tre agosto e registra con tono stentoreo la vita degli vari inquilini dell’edificio popolare, fatta di degrado e bassezza morale. Quella che viene fuori dal racconto è una Sardegna moderna, a volte inedita, sicuramente molto vicina ad altre realtà di periferia soprattutto per quanto concerne la condizione di vita di bambini e adolescenti abbandonati a se stessi e destinati a imparare da soli spesso a loro spese.