Bobi Bazlen. L’ombra di Trieste
- Autore: Cristina Battocletti
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2017
Bobi Bazlen. L’ombra di Trieste, ultimo lavoro letterario pubblicato da Elisabetta Sgarbi con in copertina la foto di un giovanissimo Bobi seduto a cavalcioni su di una sedia è una delle più importanti biografie sull’uomo dei libri, scritta dalla giornalista, scrittrice Cristina Battocletti, autorevole firma della “ Domenica” del Sole 24 Ore.
Un libro importante, fortemente voluto, curato con passione, corredato da foto e da numerose ricerche sulla vita di Bazlen, sui suoi amori, sui suoi amici. Un libro da me desiderato e cercato.
Roberto Bazlen, per tutti Bobi, è stato una delle figure più importanti della nostra cultura del dopoguerra. Triestino di origine ebraica, conosceva il tedesco, l’inglese, il francese, era un uomo sfuggente, misterioso, nomade, disinibito, libero, “un’icona nell’ombra” lo definisce l’autrice, con la rara qualità di riconoscere i grandi libri. La sua sarà una vita interamente dedicata alla letteratura. Consulente Einaudi, affascinato dalla psicoanalisi, fondatore con Luciano Foà di Adelphi, scopritore di Italo Svevo che raccomandò all’amico Eugenio Montale, traduttore di Kafka, Musil, Rilke, Strindberg, Ibsen, Bazlen era un intellettuale geniale, una vera leggenda.
“Era un uomo a cui piaceva vivere negli interstizi della cultura e della storia, esercitando il suo influsso su quanti potevano comprenderlo, ma rifiutando sempre di apparire alla ribalta”
scrisse Montale ricordandolo sul Corriere della Sera. Amico di Saba e Joyce, malinconico e a tratti sofferente per la mancata realizzazione di vivere della sua passione, ossia essere uno scrittore, fu amato da molte donne, diverse tra loro. Da Duska, slovena, prima donna a laurearsi a Trieste in Economia, ad Anita una virago, una donna tremenda, da Gerti, figlia di un banchiere ebreo di origini ungherese che predicava l’amore libero, musa di Montale, a Silvana, bionda, giunonica, considerata una delle più longa manus della psicoanalisi da Manganelli, e infine da Ljuba, l’amore degli ultimi anni di vita, di origine ebraica, sobria, abituata alle buone letture che parlava più lingue, arguta e ricca di humor.
Un bellissimo e coinvolgente ritratto di un uomo di lettere, una finestra spalancata su un mondo nuovo, nato in una città di confine, nel centro storico di Trieste, Cavana, in un quartiere di marinai e prostitute. Suo padre, commerciante, veniva da Stoccarda, un bell’uomo alto, magro, con baffi e occhi pieni di luce che si innamorò di Lina, affittuaria insieme alle sorelle, della stanza che aveva preso in affitto. Morì quando il figlio aveva appena un anno. Bobi crescerà con la mamma, autoritaria e oppressiva, una yiddishe mame, e le zie che si accorsero ben presto delle sue doti intellettive, nonostante a scuola non fosse tra i migliori. Studiava poco per avere tempo di dedicarsi alla lettura. Bazlen era un giovane intellettuale che amava le teorie di Weiss, uno dei primi discepoli della Società Freudiana il cui primo congresso si tenne a Trieste; divenne amico di Svevo, di Pier Quarantotto Gambini e di Saba, di vent’anni più grande, con il quale sedeva, in una cerchia di lettori di elezioni, al Caffè Garibaldi e del quale avrebbe preso le difese più avanti negli anni quando lo accusarono di antisemitismo. Mentre tutti si sposavano o si laureavano, Bobi riusciva a trovare soli piccoli impieghi e a farsi licenziare.
Dalla sua città, allora nel vuoto per le promesse politiche e culturali mancanti, come ha scritto Magris, il giovane Bobi desiderava andar via. Un esilio volontario anche se ovunque conservò il modo triestino di vivere. Non amava gli alberghi, ma le piccole pensioni che sapevano di familiarità e scriveva quasi sempre a macchina, si firmava con l’iniziale “b”. Un segugio letterario lo definirà Foà, che con il suo intuito indirizzò gli editori verso autori quali Gadda, Vittorini, Landolfi. Credeva fermamente nei libri unici.
Bobi Bazlen. L’ombra di Trieste è un libro magnifico, notevole, con il quale Cristina Battocletti ci accompagna nei luoghi che lo hanno visto nascere, istruirsi, innamorarsi ed essere vittima delle leggi razziali. Ci narra del suo arrivo a Roma, dei suoi lavori, delle sue letture fino alla morte avvenuta in un camera d’albergo milanese di fronte alla sede dell’Adelphi. Un lungo viaggio nell’esplorare i sogni, le delusioni, le difficoltà e i piaceri di un uomo dagli occhi carichi di disincanto e umanità da cui ci si sentiva attratti.
Bobi Bazlen: L’ombra di Trieste
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