

Boemia. Il popolo scomparso
- Autore: Dario Colombo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
L’esilio è finito, ma non tutti sono tornati a casa in Montagne nere (Minerva Edizioni, Bologna, 2024), il secondo di tre romanzi apprezzabili, apprezzati e che hanno strappato qualche lacrima di commozione a non poche lettrici. Andiamo a vedere quando e dove tutto è cominciato, in Boemia. Il popolo scomparso, una pagina sconosciuta di storia italiana (sempre Minerva, prima edizione 2023, collana Egida 359 pagine), primo nato della trilogia storico-narrativa e opera prima in assoluto del giornalista televisivo lombardo-trentino Dario Colombo.
La primavera del 1915 è tristissima per le popolazioni trentine di lingua italiana. Per l’ultima volta, quella definitiva, i gendarmi austriaci vengono a intimare alla gente di Molina di lasciare le case. Battono alle porte con i calci dei fucili e gli scarponi chiodati. Sessanta vagoni bestiame tappezzati di paglia sudicia attendono le donne, i vecchi e i bambini del paese della Val di Ledro. Tra loro, la giovane maestra Cecilia Demadonna, col padre Mario, vedovo da un anno, e la sorellina Lina. Elegante, austera, stimata da tutti, si ritrova anche lei sul tavolato maleodorante, dove li fanno salire in cinquanta alla stazione di Riva, senza annunciare alcuna destinazione. La confusione lascia il posto ad una stanchezza rassegnata,
diventata sonno per i più piccoli, preghiere recitate a labbra chiuse dalle donne, silenzio dolente degli anziani.
Via, lentamente, in direzione Brennero, verso il cuore dell’Impero in Europa, lontano dal nuovo fronte aperto sull’arco alpino dalla dichiarazione di guerra del Regno d’Italia al vecchio imperatore Francesco Giuseppe.
Imperdibile la prefazione dell’autore. Quella raccontata è una storia vera, di popolazioni innocenti che alla vigilia della Prima Guerra mondiale sono state costrette a lasciare le case con solo una posata e una coperta, chiuse in vagoni merci e allontanate dal Trentino, allora territorio dell’Impero austroungarico, verso le pianure della Bassa Austria, della Moravia e soprattutto della Boemia. Una vicenda ignorata dai libri di storia, pur avendo coinvolto più di 70 mila persone.
Il romanzo s’è preso qualche libertà, ad esempio nell’attribuire ai personaggi nomi di fantasia o distribuire le famiglie in villaggi che non sono quelli veri. Però c’è stata davvero una maestra straordinaria che ha fatto regolarmente iniziare l’anno scolastico ai profughi bambini (e molto altro ancora), come se niente fosse. Un parroco si è davvero assunto col tempo il ruolo di capo, amministratore e guida, non solo spirituale. C’è stato effettivamente un barone boemo che ha ospitato una delle famiglie di profughi. Autentico l’incontro di alcune trentine con Lenin, come lo stratagemma ideato per far rientrare dal fronte tutti gli uomini della valle, anticipando quella che anni dopo sarebbe stata la “Lista di Schindler”. Non nato soltanto dall’immaginazione il cane di grande taglia che accompagnava a casa ogni sera la giovane operaia di un mulino. E sono state le donne, nei tre anni di guerra, con i loro maschi al fronte, a riuscire a far crescere i figli, mantenere vivi i legami delle comunità e superare difficoltà fino al ritorno a casa, conquistando un ruolo nuovo nella società.
L’unica libertà che il romanzo non poteva prendersi era quella di dimenticarle.
Tornando a Cecilia, solida protagonista del primo e al femminile di tre romanzi (l’ultimo è in preparazione), non era sfuggito che qualcosa si preparasse nel Trentino, dal brulicare di uomini e mezzi sulle cime e sui pratoni attorno. Ma come pensare che i tedeschi scavassero trincee e piantassero reticolati contro gli italiani, se l’Austria e l’Italia sono alleate al fianco della Germania? Certo, Michele le aveva scritto che la guerra con la Russia non sarebbe durata le poche settimane che avevano detto e che prima o poi sarebbe entrata in guerra anche l’Italia. Poi il pensiero si rivolgeva allo stesso Michele. Papà Mario aveva accolto con piacere le visite sempre più frequenti di quel giovane contabile della fabbrica di chiodi per scarponi militari, sapendo che prima o poi avrebbe dovuto rassegnarsi all’idea di un matrimonio. Del resto, ne sarebbe stato oltremodo felice, pur dovendo vedere uscire di casa la figlia prediletta.
Ma il 28 giugno del 1914, l’attentato di Sarajevo e la morte dell’erede al trono avevano scatenato l’escalation verso la guerra e Michele era salito con decine di altri giovani della valle su treni interminabili, indossando l’uniforme grigio-azzurra dei Tiroler Kaiserjager, destinazione Galizia, fronte russo.
Tornando al presente, trascorrono tre giorni e tre notti prima che il carro bestiame raggiunga Innsbruck e venga spalancato, lasciando passare finalmente luce e aria verso i vecchi, le donne e i bambini, accasciati gli uni sugli altri. Sembrano fagotti inermi e informi, hanno subito la fame, la sete, perfino la privazione del normale pudore di espletare le proprie esigenze in privato. Non lo sanno, ma da qualche giorno italiani e austriaci si affrontano e la valle è terra di confine. Da una parte e dall’altra, fanti e kaiserjäger hanno fatto a gara, di giorno o al buio, a svuotare cassapanche, depredare cantine, riempire gli zaini di biancheria, trasformare letti, tavoli, credenze in legna da ardere. Tutto è stato violato. Niente potrà essere ritrovato.
Nessuno sa nulla, sul lungo treno che continua a procedere lento, né oserebbe immaginarlo. Il tormento e l’angoscia di sei giorni di viaggio portano a Praga. La famiglia Demadonna viene alloggiata in casa di nobili, in un paese del distretto della capitale. Il barone Dubcek e la moglie sono irritati dall’obbligo di accoglierli. C’è poca solidarietà per le migliaia di persone deportate per la sola colpa d’essere sudditi dell’imperatore, di lingua italiana. Il resto si scoprirà nel romanzo, dedicato da Dario alla nonna Carmela, che sul treno per la Boemia è salita davvero.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Boemia. Il popolo scomparso
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