Bombardate Auschwitz
- Autore: Arcangelo Ferri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Il Saggiatore
- Anno di pubblicazione: 2015
Distruggete Auschwitz dall’alto! Quando morire è una speranza negata
Pianura polacca: ultima estate di guerra in Europa. Dall’alto, i vagoni ferroviari si distinguono perfettamente, fermi a fine corsa. Non si vede invece il filo spinato a sbarrare le finestrelle. Nessun dubbio, però: sono persone quelle che si dirigono in fila dai carri merci verso lunghi edifici, dai quali svettano tozze ciminiere. Esaminando le immagini aeree, i tecnici non fanno fatica a identificare i blocchi come camera a gas e crematorio del campo di sterminio di Auschwitz e Birkenau, in Polonia. Ma è la fine degli anni Settanta, l’orrore dell’Olocausto è noto da tempo. Quando invece le foto vennero scattate, il 25 agosto 1944, solo gli analisti più capaci aveva individuato che quello rilevato 22mila piedi sotto la quota del ricognitore statunitense non era un normale accampamento militare.
Centinaia di aerei alleati volavano dal Sud Italia verso le industrie germaniche e i bacini petroliferi dell’Europa orientale, senza sapere che laggiù, dove passavano le loro rotte, in quel momento gli ebrei ungheresi venivano macinati nel più terribile lager nazista della soluzione finale. Lo spiega con drammatica lucidità Arcangelo Ferri, documentarista storico di valore, in un testo per il Saggiatore: “Bombardate Auschwitz”, 178 pagine 18 euro.
Su uno dei grandi velivoli diretti contro le installazioni industriali controllate dai tedeschi, un ingegnere di volo, Alfred Weber, ebreo americano, è troppo preso dalla missione da pensare che sotto, un correligionario come Elie Wiesel, ebreo rumeno sedicenne, sta augurandosi che quegli uccelli di ferro così alti si decidessero a scatenare l’inferno su di loro, spianando il campo di morte, fermando l’eccidio sistematico del popolo di Sion che vi si andava commettendo. Ma lassù, dietro le maschere di cuoio, gli aviatori anche israeliti non potevano immaginare di stare sorvolando un luogo dove si cancellava il loro popolo.
Non mancavano, quindi, i rilievi aero-fotografici che avrebbero consentito di pianificare la distruzione di Auschwitz, eppure gli alti comandi alleati negavano la loro esistenza e questo deficit di ricognizione giustificò il diniego alla richiesta di colpire il campo di sterminio, arrivata addirittura dal presidente americano Roosevelt, a sua volta pressato dalle organizzazioni ebraiche americane.
Benchè tecnicamente agevole e sollecitato da decine di istituzioni israelite e umanitarie, non è mai stato condotto un attacco aereo alleato contro il lager dell’inferno. A detta di molti, avrebbe fermato o quanto meno rallentato la strage nazista. Dopotutto, l’aviazione americana bombardava le industrie belliche nelle vicinanze, tanto che per errore due bombe caddero a Birkenau.
È evidente che su Auschwitz e sulla testa di migliaia di inconsapevoli condannati a morte si è giocata un’inaccettabile partita politica, militare, burocratica.
Politica, perché qualcuno voleva evitare si potesse affermare che USA e Gran Bretagna stessero combattendo una guerra per i giudei.
Militare, perché i vertici delle flotte aeree insistevano sulla inattaccabilità dell’obiettivo.
Burocratica, perché alimentò un conflitto sordo, a colpi di corrispondenza protocollata, tra uffici distanti poche centinaia di metri a Washington e con riprese aeree che si dichiarava di non possedere, mentre erano già a disposizione.
Nessuno può calcolare quanti prigionieri sarebbero stati salvati o anche se, sarebbero stati salvati, visto che l’efficiente macchina della pulizia etnica li avrebbe dirottati in altre famigerate località della geografia della morte. Da quando le fortezze volanti dislocate in Puglia ebbero l’autonomia per colpire il lager polacco e la ferrovia che lo serviva, gli uccisi ad Auschwitz-Birkenau furono 100mila, più altri 50mila, se si estende il periodo al primo raid contro un vicino impianto petrolifero, ai primi di luglio del 1944.
E a chi dice che i bombardamenti vennero evitati per non uccidere gli internati, il premio Nobel per la pace Wiesel risponde che laggiù l’avrebbero preferito e che pregavano perché cadessero le bombe, ogni volta che si vedevano sorvolati dagli angeli d’argento.
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