Brigate Rosse. Storia del partito armato dalle origini all’omicidio Biagi (1970-2002)
- Autore: Pino Casamassima
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Baldini+Castoldi
- Anno di pubblicazione: 2022
La “perdita d’innocenza” della lotta sessantottina, la “rivoluzione tradita”, la collusione del PCI coi partiti di governo, alimentano i moventi dell’eversione armata degli anni di piombo. L’Italia di quegli anni non è, peraltro, il migliore dei mondi possibili, illividita dalla crisi sociale, e sottotraccia dal fragore delle "bombe di Stato". Occorrerebbe dunque accordarsi a monte su cosa si intende per guerra. Nella fattispecie per la guerra di rimando dichiarata dalle Brigate rosse: dalle battaglie di fabbrica al cuore dello Stato, emblematizzato dall’omicidio Moro. Lungi da me ogni intento assolutorio, ma lungi anche la retorica e la santificazione aprioristica delle vittime: alla luce imparziale della storia è vero che la lotta armata ha lasciato per strada non altro che una copiosa scia di morti ammazzati, ma è altrettanto vero che la criminalizzazione – o peggio ancora la patologizzazione – del brigatismo armato, trascurano di fatto il contesto politico-sociale che ha concorso alla loro affermazione.
Come premette, con intenti a sua volta tutt’altro che assolutori, Pino Casamassima introducendo il suo ultimo lavoro sulla storia delle Brigate rosse, Brigate rosse. Storia del partito armato dalle origini all’omicidio Biagi 1970-2002 (Baldini+Castoldi, 2022):
“È evidente come gli anni che vanno dalla bomba di piazza Fontana del 1969 a quella di Bologna del 1980 – ed è terribile constatare come siano due orribili stragi a perimetrare un arco temporale della Storia d’Italia – siano un ventennio in cui la violenza è cifra appunto ‘consueta’”.
Il dato mi sembra rafforzare quanto espresso in precedenza: nessuna delle due “orribili stragi” è imputabile alle Br, se è vero che entrambe risultano espressione di quel disegno reazionario, in risposta al quale le Brigate rosse, almeno inizialmente, imbracciano le armi, quindi agiscono.
Il Brigatista Prospero Gallinari, a pagina 135:
“La mia storia comincia da piccolo, la mia prima tessera della Fgci la presi nel ’64, per l’attentato a Togliatti. Avevo 14 anni. La Fgci reggiana era una delle più forti d’Italia, il circolo Gramsci era il punto di ritrovo di due generazioni., la nostra e quella dei partigiani. Un giorno un vecchio partigiano ci chiamò per consegnarci le armi che aveva custodito per tanti anni. Fu un passaggio simbolico […] Di certo, nutrivamo una grande ammirazione per questi personaggi che ora vedevamo soffrire. Si sentivano delusi, traditi, per come erano andate le cose”.
Il volume di Pino Casamassima si (im)pone come la summa poderosa (1100 pagine) di anni, vite, episodi, ricordi, fatti così: dalle prime azioni nell’alveo politicizzato delle fabbriche (inizio anni Settanta), all’alzo del tiro dei primi sequestri e del sequestro e l’assassinio di Aldo Moro. E ancora oltre, fino alle esecuzioni fuori tempo massimo di D’Antona (1999) e Biagi (2002) delle nuove Brigate rosse. Due storie, queste ultime, quasi fine a se stesse, considerato lo scollamento verificatisi frattanto fra le Br e quel tessuto sociale — intellettuale e operaista — che fino al “caso Moro”, ne aveva idealmente sostenuto le azioni.
Il tomo muscolare di Pino Casamassima detta sicuramente l’ultima parola sul tema, con il valore aggiunto di una nutrita sezione documentaria, in cui si segnalano i comunicati brigatisti e l’esteso “memoriale di Aldo Moro”. Gli ulteriori pregi del lavoro ineriscono alla delineazione degli ambiti sociali attorno ai quali il fenomeno brigatista prende le mosse e incendia la nazione.
“Nelle fabbriche e nelle università il consenso alle Br emerge in canzoni come La ballata della Fiat […]. Altra canzone, L’ora del fucile, di Pino Masi e Piero Nissìm:
Cosa vuoi di più, compagno
Per capire
Che è suonata l’ora
Del fucile?
[…]
Prospero Gallinari: ’Il cinquanta per cento degli operai sapeva chi erano i loro colleghi che appartenevano alle Br. Ma non li denunciavano’.”
(pagg. 165-166-167)
Nell’humus operaio, intellettuale e studentesco dei primi anni Settanta le Brigate rosse rintracciano, come si vede, una larga connivenza, e aspettative giustificate dalla passività politica di sindacati e PCI. Il contesto sociale in cui maturano più di trent’anni dopo gli omicidi delle nuove Br risulta invece profondamente cambiato. Se non nella sostanza (un capitalismo di impronta disumana si è frattanto imposto su scala globale), sicuramente nel grado di consenso delle masse, orfane dell’impegno politico e irrimediabilmente attratte dalla corsa ai consumi.
“Se dalle gabbie di alcuni irriducibili era arrivata la benedizione […] altri leader storici avevano disconosciuti qualsiasi ripresa: ‘Le Brigate rosse sono in carcere’”. Un concetto chiaro che mi ribadì Prospero Gallinari nella sua casa di Reggio Emilia dove anni dopo l’avrebbero trovato morto per un arresto cardiaco: “Per quanto mi riguarda la storia delle Brigate rosse finisce nell’88, cioè quando firmammo in otto il documento in cui la dichiaravamo chiusa. Mi sono assunto la totale responsabilità degli avvenimenti riguardanti quella storia”. (pag.18)
Scettico in merito a ipotesi di etero-direzione delle Br, Casamassima procede come al solito con taglio, passo, perizia oggettivi, facendo di questa storia delle Brigate rosse un imprescindibile oggetto di studio e consultazione.
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