C’era una volta Ulisse
- Autore: Jean-Pierre Vernant
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2006
Jean Pierre Vernant, uno dei più grandi studiosi della cultura greca, in “C’era una volta Ulisse” descrive le avventure di due grandi eroi della mitologia: Ulisse e Perseo. Come avviene anche in “Pandora, la prima donna”, le vicende mitologiche vengono narrate ad un bambino. Infatti, l’autore inizia con questa frase:
“Ascolta, piccolo mio, non sono abituato a parlare a persone della tua età...”
Proprio perché la narrazione si svolge come se fosse una fiaba, lo stile del libro è semplice e alla portata di tutti. Per questo motivo, coloro che vogliono recuperare la cultura greca, magari studiata molti anni prima al liceo, possono trovare in Jean Pierre Vernant un autore di riferimento.
Ulisse è il primo eroe narrato, e chi non ne ha mai sentito parlare? L’eroe dal “multiforme ingegno”, che agli inizi non aveva di certo intenzione di partire per Troia. Per evitare la guerra, infatti, egli inizialmente si finge pazzo, ma Nestore riesce a scoprire il suo inganno. Ulisse allora deve partecipare al conflitto.
Espugnata Troia, Ulisse deve ancora affrontare tante prove, e riesce a superarle tutte grazie alla sua astuzia. Ulisse, dice Vernant, è l’eroe della métis, che in greco significa astuzia, ingegno sottile.
Nel suo viaggio di ritorno, l’eroe dovrà fronteggiare mostri e sostare per diversi anni in luoghi sconosciuti, che sono al di là del tempo e dello spazio, e che non appartengono quindi alla civiltà umana.
Uno di questi è Ogigia, l’isola paradisiaca dove vive la ninfa Calipso, che, innamorata, offre ad Ulisse l’immortalità e una vita tranquilla sperando di trattenerlo. Ulisse rifiuta. Il suo posto è con gli altri uomini, nella sua patria, ad Itaca, dove la famiglia lo attende.
Gli esseri umani non sono fatti per stare da soli, seppur in un ambiente sereno e beato come quello di Ogigia, fuori dai pasticci del mondo e dalle tragedie dell’umanità.
I mortali, come vengono chiamati dai greci, devono vivere in comunità, perseguire scopi ed obiettivi, affrontare i dolori.
Una vita come quella offertagli da Calipso per Ulisse non è vita. L’isola di Ogigia rappresenta un rifugio fittizio, come quelli che anche noi, esseri umani di oggi, ci creiamo per non avere contatti con l’esterno, decidendo magari di rimanere dietro la tastiera di un pc.
Lo facciamo per paura di compromettere il nostro io, la nostra identità, per paura, insomma, del confronto. Ma Ulisse ci avverte. La vita su Ogigia non è vita. Il tempo su quest’isola è sempre uguale, e non subisce mutamenti. A questo proposito, Vernant afferma:
“È perché noi siamo mortali che, in un certo senso, ogni giorno porta una gioia, e questa gioia è tanto più viva quanto più va scomparendo. Come la bellezza dei fiori: che si vedono prima fiorire e in seguito sfiorire. Se ogni giorno le rose fossero uguali a se stesse non le guarderemmo più”
Noi, quindi, dobbiamo vivere da essere umani, cambiare, soffrire e gioire, ammalarci, guarire e morire. Ma, soprattutto, dobbiamo assumere il nostro ruolo in società, come farà Ulisse quando sarà di ritorno ad Itaca.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: C’era una volta Ulisse
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