C’era una volta in America Latina
- Autore: Giorgio Oldrini
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
A pagina 169 di “C’era una volta in America Latina” (Edizioni interno4, 2019) si trova una vignetta di Sergio Staino. C’è disegnato Bobo che legge sotto lo sguardo ideale del ritratto del Che. La figlia gli chiede: “Perché leggi Oldrini ad alta voce?”. E Bobo: “Vuole sentirlo anche lui” (riferito al Guevara immortalato su poster). È un frame emblematico: proprio il giornalista Giorgio Oldrini è l’estensore di questo “C’era una volta…” sudamericano, diario minimo e massimo sui minimi e massimi sistemi (quotidiani e politici) di un altro mondo. Un mondo dove "realismo magico" è, per esempio, una condizione dell’anima più che una definizione coniata apposta per gli scrittori di quelle parti.
Del resto Giorgio Oldrini l’America latina l’ha vista da vicino: c’è stato come inviato e corrispondente da Cuba per il quotidiano comunista l’Unità negli anni fulgidi del socialismo reale. Intorno ai Settanta del secolo scorso, quando solidarizzare con i compagni cubani o gli esuli brasiliani o cileni più che un “dover essere” ideologico era un modo naturale di sentire e concepire lo stare al mondo. Proprio e altrui. I racconti compresi nel libro - un libro dall’aura sapidamente vintage - sono diciotto e se inquadrati al netto dell’ottica consumistica-capitalista si leggono - lasciatemelo scrivere – con un groppone in gola e un senso di nostalgia grandi così. Non è sterile passatismo, è tutta un’altra cosa. Un sentimento sottile come una reverie, finanche un filino teleologica. Un moto interiore che Giorgio Oldrini spiega in questo modo a pagina 8:
Ho voluto raccogliere in un libro queste storie per esprimere due sentimenti, che spero si colgano sia nelle vicende tragiche che in quelle divertenti. Un grande affetto per luoghi, personaggi, tempi che riempiono ancora i miei ricordi più cari e la mia vita, e che spesso, soprattutto nelle mie molte notti insonni, mi affiorano nella mente e continuano ad emozionarmi. Il secondo sentimento, legato strettamente all’affetto, è la nostalgia (…) Qualcuno davanti alla parola nostalgia storce il naso perché la giudica l’espressione di un sentimento proprio di chi rifiuta di vivere il presente (…) Io invece penso che la nostalgia sia il segno ineludibile di chi ha attraversato Paesi, storie e persone e ha stretto legami forti con donne e uomini, di chi ha preso parte col cuore e con la ragione alle vicende che ha conosciuto. È il contrario dell’indifferenza e ha più a che fare con la passione e per questo aiuta a vivere il futuro.
Se mai esistono parole sante, queste introduttive di Oldrini lo sono per antonomasia. L’esule bolognese diventato interprete di italiano e di ceco di Ernesto Guevara (L’interprete del Che). Jacinto alle prese con un’anatra che gli dà filo da torcere più dell’infido dittatore Augusto Pinochet (Pinochet e l’anatra). Gli esuli brasiliani a Parigi riuniti ed esultanti al gol di Pelé nella finale di coppa del mondo (Il gol di Pelè), non sono che un esempio dell’epos quotidiano racchiuso in "C’era una volta in America Latina". Storie paradossali, resistenziali, gioiose, pensose, politiche e vere al punto da sembrare fantastiche. Li lega un filo-rosso palese e sotteso: quello della gramsciana medesimezza ai tempi del socialismo reale. L’inserto di Staino “Bobo va a Cuba” (un reportage scritto e disegnato per l’Unità nel 1983) rafforza il discorso, sfatando più di un luogo comune sulla vita quotidiana nella Cuba di Fidel Castro.
A volte non mi sembra nemmeno di essere in Latino-America…se non fosse per il clima, le altissime palme, i frutti tropicali…ma il resto? E’ possibile che un paese dell’America latina presenti questo volto? Una gioventù bella e sana, nessun bambino marcato dalla denutrizione. Nessuno che chieda l’elemosina, una educazione profonda e diffusa, un alto livello di informazione politica e geografica, scuole gratuite per tutti, grandi e moderni ospedali gratuiti per tutti…e giri per questo paese sereno e felice, di giorno e di notte, senza che nessuno tenti di derubarti. Senza postriboli più o meno legali, senza centri di spaccio di droga.
Se questi sono i risultati ben vengano le file alimentari (peraltro, a quanto si legge, code di persone distese e distensive) e i bagni di folla (peraltro plaudenti) ai comizi di Fidel. Il fatto vero è che in America latina c’è stato il tempo dei governi socialisti e il tempo delle dittature militari, i governi socialisti e le dittature militari che il catechismo capitalista ha spacciato come la stessa cosa. E lo ha fatto mentendo sapendo di mentire. I racconti di Giorgio Oldrini diventano così propedeutici al recupero della memoria e dell’orgoglio di averci creduto. Di avere lottato per una umanità nuova. Di averla sognata, ad occhi aperti/chiusi, al riparo delle bandiere rosse e dei poster di Che Guevara nelle stanze. Perché no?
C’era una volta in America Latina: Diciotto racconti dal continente magico. Più un reportage d’autore a cura di Sergio Staino
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: C’era una volta in America Latina
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