Calma Empatia e Visione profonda
- Autore: Yongey Mingyur Rinpoche, Eric Swanson
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Astrolabio
- Anno di pubblicazione: 2012
Tre pratiche per scoprire la gioia e la saggezza della mente
Se mi si passa il gioco di parole: mica bisogna essere buddisti per apprezzare il buddismo. Il suo taglio filosofico è trasversale, prescinde dal fideismo spesso ottuso delle religioni, allena alla ricerca di un senso non comune, rintuzza le angosce esistenziali senza millantare inferni e/o paradisi, sviluppa “lentezza” e tolleranza nell’era ipercinetica per antonomasia. Vuoi mettere? Si faccia proprio il concetto di “impermanenza”, per esempio (volgarizzo: tutto cambia, nessuna condizione è mai la stessa): è il viatico ideale per distanziarsi dai “problemi” (spesso inutili), dalle cose (spesso superflue), da se stessi, e dunque persino dalla rabbia cieca da ingorgo stradale. Oppure si prenda per buona la “relatività del punto di vista” come pratica indispensabile per arginare la supponenza che spesso segna il rapporto noi/altri. Per chi riesce a farne esperienza autentica (non di facciata, salottiera, radical chic) il buddismo è, insomma, un balsamo di tigre per mente e corpo; un toccasana spirituale scevro dalla rigidità delle altre fedi.
Non è per farne apologia che scrivo di “Calma Empatia e Visione profonda. Tre pratiche per scoprire la gioia e la saggezza della mente” (Yongey Mingyur Rinpoche, con Eric Swanson, Ubaldini Editore 2012): il fatto è che l’ho avvicinato da profano, letto da curioso, ri-letto da appassionato, e quando, infine, mi sono detto “questo è un libro che mi accompagnerà per il resto della vita”, beh, vi assicuro che non è stato per dire.
La prima cosa che ho notato è stata la "stoffa"qualitativa che lo distanzia anni luce dagli sterili manualetti self help sulla ricerca della felicità (quelli affidati, per lo più, alla pennetta finto-sapienzale di psicologi e/o psichiatri da salotto tv). Altra pasta in queste pagine, e quanta lungimiranza, quanta “leggerezza” d’approccio! Chi coltiva un’idea del buddismo come pratica di mera rinuncia alle vicende umane, approfitti di questa lettura e approfondisca, per esempio, il seguente passaggio del libro di Rinpoche (figlio di Tulku Urgyen Rinpoche, uno dei più importanti maestri tibetani del Novecento, quando si dice che buon sangue non mente); scoprirà come la pratica buddista riesca a guardare al qui e ora della condizione umana meglio delle insulse panacee magico-new age, per esempio.
“Dalla prospettiva del buddhismo, l’angoscia che sentiamo oggi fa parte della condizione umana da secoli. In genere reagiamo a questa insicurezza di fondo in due modi distinti: cerchiamo di scappare oppure ci facciamo travolgere. Entrambe le vie spesso finiscono per creare ancora più complicazioni. Il buddhismo offre una terza opzione. Possiamo guardare direttamente le emozioni disturbanti e gli altri problemi che incontriamo nella vita come se fossero trampolini verso la libertà”.
“Calma Empatia e Visione profonda” è, in ultima analisi, un testo propedeutico e prospettico insieme, in grado di coniugare, di fatto, teoria e prassi, attraverso i capisaldi del buddismo “applicati” alle diverse (tante, troppe) sfide quotidiane. Come dire, in altre parole? La proposta di un percorso ontologico alternativo rispetto a quello nevrotizzante che abbiamo assunto a bussola quotidiana. Peraltro lamentandocene, da sciocchi: calma e gesso, signore e signori, please.
Calma empatia e visione profonda. Tre pratiche per scoprire la gioia e la saggezza della mente
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