Camicette bianche. Oltre l’8 marzo
- Autore: Ester Rizzo
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
“Questo libro nasce da un atto di amore. Amore verso le giovani vite spezzate che trovarono la morte in modo così terribile e quasi del tutto dimenticate. Amore per i migranti di tutti i tempi e di tutti i mari per ricordare che i confini sono solo delle invenzioni umane e che la Terra appartiene a tutti. Amore per le donne che hanno lottato con tenacia per migliorare il mondo. Amore per la giustizia ma anche per il perdono, affinché l’odio non prevalga mai e non soffochi la nostra umanità. Amore per tutte le donne ultime fra gli ultimi, vittime di violenza e discriminazione.”
L’autrice Ester Rizzo, da sempre impegnata in tematiche femminili, ha voluto ricordare in questo suo primo libro, edito da Navarra Editori, un fatto tragico della prima metà del Novecento e dimenticato purtroppo negli anni, le cui vittime furono giovani donne italiane. Una storia vera, documentata dai cronisti di allora, dai sopravvissuti e dai parenti delle vittime. È la storia delle 126 operaie morte nel rogo della Triangle Shirtwaist Company di New York, la fabbrica delle camicette bianche, il 25 marzo 1911.
Delle centoventisei vite spezzate, trentotto erano italiane (la maggior parte di origine siciliana) e dieci americane, figlie di emigrati italiani. Una storia dolorosa di giovani donne che un secolo fa lasciarono la loro povera terra per realizzare il sogno di una vita, che desse loro dignità e rispetto, ma che le vide protagoniste di una delle peggiori tragedie nella storia della città di New York.
L’autrice Ester Rizzo ha ricostruito le loro origini, le loro identità, ha descritto i loro volti, i loro desideri. Clotilde Terranova era una di loro. Era molto bella, con i capelli chiari e i modi gentili da vera principessa. Figlia di un calzolaio, era la quinta di otto figli. Si imbarcò al porto di Napoli nel 1907, l’anno che vide il maggior numero di arrivi di migranti a New York. Carina com’era trovò subito l’amore e si sarebbe sposata tre settimane dopo quel tragico giorno. Lavorava al decimo piano e, pochi minuti dopo lo scoppio dell’incendio, la videro farsi il segno della croce e volare giù. L’emozione stringe il cuore di chi legge.
Sono pagine commoventi di una storia che ci appartiene, fatta di sofferenze e umiliazioni nella ricorrente ricerca di una vita migliore, ieri come oggi. Difatti ieri come oggi si emigra e si muore per incuria e sfruttamento nei luoghi di lavoro: in Bangladesh, dove per la negligenza dei grandi marchi, alcuni italiani, sono morte nel rogo della fabbrica centodieci operaie o come a Barletta, nel laboratorio di un edificio fatiscente, cinque giovani sarte sono morte per poter guadagnare pochi euro al giorno.
Le ricerche svolte da Ester Rizzo sulla tragedia della Triangle sono state notevoli e non sempre facili. Ha voluto, in questo saggio, con impegno e con tutta se stessa dare voce e anima a quelle vittime. Per alcune delle ragazze decedute nell’incendio del 1911, solo negli ultimi anni e dopo innumerevoli ricerche si è potuto dare una identità e un luogo di nascita. Alcune avevano soltanto tredici o quattordici anni. Quella mattina erano entrate in fabbrica più di cinquecento donne, ognuna si era seduta al proprio posto di lavoro lungo la fila di macchine da cucire e a terra ancora giacevano gli scarti di tessuto e di cotone. Era sabato e mancava poco al termine della giornata di lavoro, quando all’ottavo piano si sentì odore di bruciato. Diciotto minuti dopo si sarebbero contate solo le vittime.
“Non erano balle preziose di stoffa quelle che i passanti videro volare dall’Asch Building. Era no i corpi delle operaie della Triangle Waist Company. Cadevano giù a decine, alcune con i vestiti e i capelli in fiamme. Dissero che somigliavano alle comete.“
I pompieri giunsero presto sul posto con i loro carri trainati dai cavalli, ma le scale in dotazione arrivavano fino al sesto piano e i getti degli idranti non erano sufficienti. Cadevano una dopo l’altra, si lanciavano con i vestiti che avevano già preso fuoco mentre la folla dei passanti, sgomenta, assisteva impotente. Molte di loro si salvarono perché furono spinte negli ascensori, ammassate una sull’altra, dall’eroismo dei due addetti che riuscirono a compiere alcuni viaggi tra il fumo e le fiamme fino allo stremo delle loro forze. I due addetti agli ascensori erano italiani; Giuseppe Zito, uno dei due, proveniva da un piccolo paese della Campania, paese natale di mio padre. La mia commozione cresce sempre di più. Le giovani operaie confezionavano mille camicette al giorno, per pochi dollari al giorno. Camicette bianche, tanto alla moda. Lavoravano, in ambienti malsani e non sicuri, sotto lo sguardo attento dei caporali che controllavano che non venisse rubato cotone o pezzi di stoffa, che le porte di uscita fossero sempre ben chiuse, e che non dialogassero fra loro.
Al processo, i proprietari della fabbrica furono assolti. Una strage senza colpevoli. Tra la fine dell’800 e il 1925 un milione e mezzo di meridionali migrò verso gli Stati Uniti, imbarcati su navi costruite da pochi anni o su vecchie carrette definite i vascelli della morte. Dopo settimane di navigazione accovacciati a terra su giacigli sudici di urine e feci, i sopravvissuti alle infezioni mortali arrivavano a New York, a Ellis Island, dove la discriminazione continuava. Di lì erano passate Clotilde, Caterina, Rosaria, Lucia, che avevano affidato le loro vite e le loro speranze ad una nave e alle acque di un oceano. Il sacrificio di queste donne lavoratrici non fu vano; dal 1912 in poi si susseguirono leggi che migliorarono le condizioni lavorative nelle fabbriche e di assistenza alle donne lavoratrici.
L’Asch Building è ancora lì, all’angolo di Washington Place e Green Street, ed è oggi la sede della Facoltà di Scienze della N.Y. University. Il 25 marzo di ogni anno i discendenti delle vittime e i rappresentanti sindacali sfilano in corteo, ognuno ha con sé una canna di bambù a cui è attaccata una shirtwaist con il nome di una vittima. Il presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, nel suo recente viaggio a New York ha reso omaggio alla lapide posta a ricordo del sacrificio delle giovani donne.
L’8 marzo è una data che ricorda le conquiste sociali delle donne e i diritti acquisiti dalle lavoratrici in diverse parti del mondo. Per molti anni si è ricordato un evento mai esistito, l’incendio del 1908 nella fabbrica Cotton di New York dove morirono più di cento operaie. Una fabbrica mai esistita e un episodio del tutto falso. È invece documentata e tristemente nota la storia delle operaie della Triangle.
Dalla pubblicazione del libro Camicette bianche. Oltre l’8 marzo è nata la collaborazione con Maria Pia Ercolini, ideatrice del programma Gruppo Toponomastica Femminile, che insieme all’editore Navarra ha lanciato una petizione dal titolo Ridiamo dignità alle donne vittime dell’incendio della Triangle Waist.
Camicette bianche. Oltre l’8 marzo è un doveroso tributo con cui l’autrice, con amore e sensibilità, ha voluto rendere onore alla memoria delle giovani vittime, sottraendole all’oblio. Una memoria che va custodita dalle donne e non solo, un sacrificio che sia di monito per il nostro prossimo futuro.
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