Ciak, si pensa! Come scoprire la filosofia al cinema
- Autore: Andrea Sani
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Carocci
- Anno di pubblicazione: 2016
Sapete quei libri con dentro una prospettiva cinematografica tanto luminosa da indurre a rivedere i film citati nel testo? “Ciak, si pensa! Come scoprire la filosofia al cinema” (2016) è un saggio di questa specie. Lo firma per Carocci, Andrea Sani, con un nitore formale pari allo spessore delle teorie espresse. Il rapporto tra cinema e filosofia può assumersi, ab origine, come biunivoco: muovendo dalla visione cinematografica questo lavoro rintraccia nelle categorie-base della speculazione filosofica (Metafisica, Etica, Estetica, Gnoseologia, Filosofia della mente, Psicoanalisi, eccetera) chiavi di lettura possibili di film-caposaldo (ma non solo).
Si parte con le sontuose commistioni metafisiche del kubrickiano 2001 odissea nello spazio, per arrivare agli occhi spalancati/chiusi di Eyes Wide Shut. Ancora Stanley Kubrick. Ancora una pellicola rimandabile a rivisitazioni archetipiche (eros/thanatos). Una chiusura del cerchio affatto casuale, se è vero che Kubrick è anche nella mirabile traduzione junghiana di Shining, di Full metal Jacket. Più ancora nell’assunzione filosofica del suo specifico quasi per intero. Una sorta di investitura psicoanalitica per il regista, una spanna sopra Alfred Hitchcock (Psycho, Io ti salverò, Marnie) in ambito medesimo, per vie più popolari. Ma Andrea Sani non stila classifiche (non gli interessano, il saggio è rigoroso) e nemmeno sorvola sul cinema – rarefatto, lineare, sbieco, colto, di nicchia e da blockbuster - più recente. Come in un lungo piano sequenza governato con mano ferma si possono incrociare così, tra le pagine, il monadismo leibniziano nelle proiezioni futuribili di Matrix, gli Siliding Doors (le vite possibili, i destini paralleli) di Peter Howit, la vexata quaestio del libero arbitrio nello spielberghiano Minority report. Un occhio al grande schermo, uno - altrettanto puntuale - alle libere associazioni filosofiche. Tanto per dire (ancora): Nietzsche che pervade il sotto-testo del già citato 2001…, così come Schopenhauer il Truman Show di Peter Weir. Martin Scorsese (Gang of New York) inquadrato tra Hobbes ed Hegel.
Per farla breve e tirare le somme sul rapporto intrinseco cinema-filosofia, le parole che sintetizzano di Andrea Sani, via Aristotele
“(…) qual è, allora, la differenza tra l’arte e la filosofia? Per Aristotele, la differenza consiste in questo: ‘mentre la filosofia è in grado di rappresentare un contenuto universale per mezzo di concetti, l’arte lo rappresenta per mezzo di immagini (…)’ Di conseguenza un aristotelico odierno non disprezzerebbe certo il valore filosofico del cinema, giacché sempre nella Poetica, si può leggere: ‘guardare le immagini diletta per il seguente motivo, perché capita di apprendere contemplando e di valutare ogni singolo aspetto ’ (…) Insomma, guardare le immagini può essere il principio del filosofare”.
Se avete dubbi a riguardo, “Ciak, si pensa!” è arrivato in libreria per fugarli uno a uno. Con molto, molto di più che qualche ragione.
Ciak si pensa! Come scoprire la filosofia al cinema
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