Clone
- Autore: Paolo Negro
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Imprimatur
- Anno di pubblicazione: 2018
Nella Biblioteca Reale di Torino, l’ascensore scende verso il seminterrato, dove si trova il caveau che custodisce l’autoritratto di Leonardo da Vinci. L’urlo agghiacciante che si leva dal vano sotto la cabina non annuncia niente di buono. Se tutto il dolore del mondo avesse una voce sarebbe quella che scuote i lettori del romanzo di Paolo Negro “Clone”, edito da Imprimatur (Reggio Emilia, giugno 2018, 252 pagine, 14.50 euro).
Questa vicenda, che nasce come un thriller e prosegue a un certo punto come una storia edificante e a suo modo consolatoria, ha quattro protagonisti: un funzionario di polizia, una bella donna di potere per quanto debilitata, un monsignore in gamba ed una città, la Torino in cui è ambientata.
Agli occhi del vice questore Franco Barberi - cinquant’anni, trenta dei quali passati in Polizia, fumatore compulsivo e uomo di legge disilluso - la città della Mole è un’anziana nobile decaduta. Può ancora vantare il fascino di Palazzo Reale e dei portici che abbelliscono le abitazioni signorili del centro, nei quali è stato deciso parte del destino dell’Italia. E tuttavia ora gli sembra che si stia avviando a somigliare sempre più ad una vecchia bagascia.
Sicchè, le cose sono due: o la sua Torino gioiello vintage era solo un abbaglio oppure a lui era del tutto sfuggita la metamorfosi da anziana in crinolina e capelli grigi ben raccolti, a battona in minigonna inguinale intorno a un fuoco, come quelle che affollano le periferie.
Greta Desantis - appassionatissima del suo lavoro e delle ricchezze che le sono affidate - è la sovrintendente della Biblioteca Reale, cornucopia di beni artistici e culturali ingentissimi, oltre al celebre autoritratto del da Vinci, la cosiddetta “Sanguigna”, per via della tecnica usata per tracciare i segni sulla carta con un bastoncino di ematite, materiale ferroso che lascia tracce rossastre.
La dottoressa Desantis è bionda, ben fatta, decisamente attraente ma anche molto sofferente. In tutto segreto, da sei mesi, è affetta da fibromialgia, un disturbo neurologico che le ostacola i movimenti all’improvviso, provocando deficit di volontà e di concentrazione che possono risultare decisamente imbarazzanti davanti ad altri. Si impegna a fondo per nascondere i problemi, tiene troppo al suo lavoro, non accetterebbe d’esserne allontanata per una terapia.
Quando si leva l’urlo terrificante, il vice questore e la sovrintendente sono nell’ascensore insieme a quattro agenti di polizia, incaricati di scortare il prezioso manufatto leonardesco a Palazzo Madama. Vi sarà trasferito provvisoriamente per un’esposizione, in contemporanea all’ostensione straordinaria della Sindone, lo straordinario reperto della Passione di Cristo custodito nella Cappella Guarini del Duomo torinese.
L’urlo drammatico dell’incipit è umano. Appeso sotto la cabina dell’ascensore e legato allo stesso tempo alla base del vano tecnico, c’è un uomo brutalmente torturato dal movimento del saliscendi dell’impianto.
Quando lo raggiungono respira ancora. Al collo s’intravede il colletto rigido di un clergyman, abito civile in uso ai religiosi. Uno dei poliziotti si avvicina all’interruttore della luce di servizio e la vittima fa in tempo a sospirare una frase in latino, in nomine domini, prima che il suo corpo dilaniato venga bruciato da un corto circuito dei cavi elettrici manomessi. Innocente l’agente che ha spinto il tasto, criminale la mente assassina che ha congegnato l’innesco di una scarica elettrica, che riduce l’appeso a un ammasso di carne combusta.
La teca che custodisce l’autoritratto di Leonardo risulta aperta. Il dispositivo anti-intrusione non è scattato ma la Sanguigna è intatta e ancora al suo posto. Toccata e spostata, ma sempre lì.
Le protezioni violate abilmente, un capolavoro inestimabile maneggiato e lasciato, un omicidio disumano con modalità estremamente artificiali: troppo complicato, poco sabaudo, secondo Barberi. Ed ecco che gli si presenta mons. Perotti, della segreteria dell’arcivescovo: si è da poco verificato il secondo episodio criminale che distingue questo romanzo. Hanno a quanto pare cercato di rubare la Sacra Sindone e c’è pure un altro cadavere nel campanile. Anche in duomo l’allarme è stato bypassato. Hanno forzato la custodia dell’inestimabile reperto, hanno estratto in parte il telo, l’hanno manipolato, poi, basta. I sensori dell’aria controllata hanno rivelato l’intrusione, ma la Sindone è salva. Spostata e toccata, ma sempre lì.
Mons. Perotti è sorpreso dalle modalità della messinscena nell’ascensore. Gli ricordano una tortura usata dall’Inquisizione, quella dei tratti di corda, in cui la vittima veniva “stirata” dolorosamente, allungata da un congegno di funi. E qui, complice anche un progetto di clonazione che prende chiara forma, il romanzo entra nella sua dimensione religioso-esoterica.
Da un frammento del tessuto della Sindone viene individuato il gruppo sanguigno e ricostruita la mappatura del dna del cadavere deposto nella tomba avvolto dal Sacro Lino. Se quello era il corpo di Cristo… pensate ai dinosauri di Jurassic Park, clonati dal sangue nell’ambra.
Clone
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