Come ventagli
- Autore: Luigi Oldani
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2019
Scrivere haiku significa praticare la meditazione.
In occidente meditare implica per lo più pensare; salvo alcuni filosofi legati alla teologia apofatica di Meister Eckhart, secondo il quale di Dio possiamo "dire" unicamente ciò che non è - mentre l’Essere resta ineffabile e indicibile in quanto essenza - e salvo i neoplatonici (Plotino), il nostro approccio verso la conoscenza, meglio sarebbe dire sapienza sophia, è di tipo logico razionale. ‹Ragionar d’amore› afferma perfino Dante il visionario in un noto sonetto.
Per l’oriente vale esattamente il contrario: meditare è pura contemplazione, significa vuotare la mente del pensiero discorsivo affinché lavori in noi la buddhi o buddhità, che possiamo tradurre con intuizione sovrarazionale, illuminazione.
In giapponese il termine è zen. Zen è lo stato estatico da cui nasce la poesia del genere haiku, impregnata dal Qi, energia cosmica.
Luigi Oldani pratica questo genere di ascesi ed è "poeta haiku".
Aggiungiamo, tanti per non perdere il buon vizio del ragionamento (non sempre buono, può diventare rigidità e dogmatismo), che il termine haiku significa "profondità misteriosa", eppure questi poeti così parenti della gentilezza parlano della superficie del mondo, di quanto appare e scorre. Sono divinamente leggeri e "superficiali". Ma non sono neppure descrittivi! La descrizione implica sempre due soggetti separati, chi descrive e la cosa descritta; di nuovo si cade nel frazionamento della realtà, in una forma sottile di alienazione da sé e dal mondo. Con l’haiku percepiamo ‹il battito cardiaco dell’universo›, come scrive Paolo Lagazzi, prefatore di un "libro haiku" alogico o oltre la logica, Come ventagli di Luigi Oldani (Samuele editore, 2019, p. 64).
Il ventaglio è un oggetto simbolo della cultura giapponese, si apre con un gesto istantaneo ed ecco l’attimo, ecco il quid, ecco il battito, lo scorrere del Tao, la via, la vita UNA.
Accostiamoci a questi testi con la dovuta meraviglia:
‹Rimango in piedi / all’erba falciata /…una preghiera›.
Possiamo chiederci: perché una preghiera? Pregare non è forse stare presso a, essere insieme a, accorciare le distanze, eliminarle del tutto per essere presso Dio? Comunque si concepisca Dio. Apo theòs, apoteosi. Preghiera non è forse l’abbraccio?
‹Il gelsomino / offre il suo profumo / vecchio l’alloro›.
E se il gelsomino offre il suo profumo, non si espande forse ovunque il profumo, da invadere, ringiovanire anche l’albero vecchio? Il fiore giovane e l’albero vecchio non sono distanti. Quanta comunione, quanta dolcezza.
Vero è che le famose diciassette sillabe, scritte in una scansione di versi 5-7-5, non si dovrebbero neppure spiegare ma percepire, sentirle dentro come eco o manifestazione sensibile della propria profondità e verità. Esse sono libertà, con accostamenti a volte vertiginosi:
‹Voglio amare / i ciliegi fiorire / la mia morte›.
Con una visione che va oltre il tempo, pur essendo qui e ora, Oldani vede anche i ciliegi in fiore e l’eterna primavera che supera la sua esistenza temporale.
Lo sguardo onnicomprensivo "vede" e sa:
‹Quante susine / marciscono al sole / veglia una vespa›.
Veglia eccome! Le mangerà. Tutto è equilibrio e armonia, la natura è un unico essere con molteplici vibrazioni, il gatto è un poeta dice il poeta e la luna ride, un’altalena dondola come onda di mare ma nel silenzio. Le immagini di susseguono alle immagini, legate da suoni, colori, movimenti sincronici:
‹Sui petali / insiste la pioggia / stanchi li scioglie›.
Nessuna recriminazione rispetto all’ordine delle cose. C’è da chiedersi se non sia questo il segreto della felicità, vivere senza fare resistenza, Let it be, fluidi come acqua che scorre, come pioggia, come petali che si sciolgono in un supremo amen. E quanta pace si gode in questi versi sintetici, quanto bene originario, non offuscato dall’egoismo.
Il praticante zen e scrittore di versi illuminanti diventa un agathodaimon, un buon demone, una divinità del luogo e di sé, genius loci amabile e protettore. Questo il collegamento con la nostra mitologia, per trovare un corrispettivo che unisca Oriente e Occidente con legami di simpatia, sympátheia, un pathos simile, e comprendersi.
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Ringrazio della recensione ,Gabriella Atzori, al mio libro di haiku. Molto intensa e mirata. Grazie delle parole che descrivono il ‘tutto’.
Un caro saluto