Crimea. Viaggio nella penisola contesa
- Autore: Claudia Berton
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2022
Una guerra agli estremi confini orientali dell’Europa, lontana 170 anni e quasi sconosciuta agli italiani, a parte un episodio, la carica della cavalleria leggera britannica a Balaklava nel 1854 e l’impegno di un corpo di spedizione militare del Regno di Sardegna, che avvicinò il Piemonte di Vittorio Emanuele II e Cavour alle potenze continentali alleate contro la Russia zarista.
Appassionata di viaggi e di storia e cultura dell’Asia, Claudia Berton ci porta in Crimea. Viaggio nella penisola contesa, questo il titolo del volume edito l’estate scorsa da Oltre Edizioni (Sestri Levante, agosto 2022, 123 pagine).
Si tratta del quindicesimo libro per l’autrice veronese, che ha pubblicato numerosi saggi storici e reportage. Dopo aver speso ventun anni nell’insegnamento della lingua e letteratura inglese nei licei scientifici, ha cambiato vita, ha scoperto il Medio Oriente e ha studiato l’arabo, il turco, l’hindi (inoltre parla correntemente il greco).
Da assidua lettrice di testi saggistici di storia o politica, niente romanzi, ha cominciato a scrivere. Storia e viaggi sono i temi principali di questo colto vagabondaggio in Crimea, sebbene l’autrice chieda di considerare meramente casuale il collegamento con l’attualità, con l’annessione decisa da Putin nel 2014. Quello che tiene a raccontare sono la cultura e la storia della penisola, in cui ha viaggiato un anno prima dell’arrivo dell’Armata Rossa.
Il testo che segue Crimea. Viaggio nella penisola contesa, spiega nella prefazione, racconta le vicende storiche di questa splendida penisola che si affaccia sul Mar Nero. L’ha scritto di ritorno da Kiev e, appunto, dalla Crimea, che nel 2013 faceva parte ancora dell’Ucraina. Ha visitato i luoghi in cui a metà Ottocento si è svolta la guerra tra l’impero zarista e la Francia, Regno Unito, Regno di Sardegna e impero Ottomano. Ha raggiunto Sebastopoli, base della flotta russa e città due volte assediata, la seconda dalla Germania nazista. A Yalta, ha visitato il palazzo dove si è svolta la conferenza del 1945 in cui gli angloamericani e Stalin si divisero l’Europa.
A Kerch ha trovato i segni della presenza di una comunità italiana emigrata nel XIX secolo, in gran parte dalla Puglia.
Il primo degli assedi delle fortificazioni e del porto di Sebastopoli risale alla Guerra di Crimea dell’Ottocento. Il 12 settembre 1854 una flotta sbarcò truppe franco-britanniche e turche. Regno Unito e Francia avevano intrapreso una crociata per difendere la libertà e la civiltà europee, minacciate dal dispotismo zarista e dalla barbarie. Al di là della guerra di religione - col paradosso di sostenere musulmani contro cristiani ortodossi - Londra e Parigi volevano arginare l’espansionismo della Russia, che l’anno precedente aveva occupato i principati di Valacchia e Moldavia, protettorati danubiani della mezzaluna ottomana. Avevano perciò offerto appoggio al sultano, muovendo guerra a Mosca.
Gli alleati, intenzionati a proteggere Costantinopoli da un attacco russo, sbarcarono truppe a Gallipoli, ma la penisola non era in grado di sostenere tanti uomini. Diressero a nord, nel porto di Varna e da lì puntarono sulla Crimea, per isolare il porto di Sebastopoli, base d’appoggio per qualsiasi minaccia russa verso Costantinopoli. Per quanto le operazioni si svolgessero su vari fronti dal Baltico al Caucaso, le azioni principali interessarono la penisola e il conflitto fu ricordato con il suo nome.
Il Regno di Piemonte e Sardegna entrò in guerra più tardi, su ripetuto invito inglese. Diede ottime prove un corpo di spedizione di cinque battaglioni di bersaglieri, la fanteria leggera creata dal generale Alessandro La Marmora, che morì di colera poco dopo lo sbarco in Crimea, come 596 dei suoi soldati. Il primo ministro conte di Cavour ambiva a partecipare alla futura Conferenza di pace per aspirare a un aiuto nella lotta per l’unità d’Italia, soprattutto dai francesi. Il primo importante impegno dei bersaglieri fu la battaglia della Chernaya, il 16 agosto 1855, a fianco dei francesi. Alle dieci del mattino, i russi batterono in ritirata su tutta la linea, disturbati efficacemente dalla cavalleria piemontese, subendo 4mila morti e altrettanti feriti, a fronte dei 1.800 degli alleati, protetti dalle artiglierie. Subito dopo, le forze in rotta cominciarono a gettare un ponte di barche a nord, segno che disperavano di tenere Sebastopoli, anche per le disperate condizioni di vita nella città assediata.
A ben vedere, la Crimea non rientra negli itinerari preferiti dalla Berton, più orientali, ma la visita culturale nel 2013 ha fatto nascere un vivo interesse, che si è rivolto in particolare a due etnie: gli ebrei e i turco tatari. Questi, che nell’Ottocento costituivano il 60% della popolazione della penisola, scacciati dalle loro fertili terre meridionali verso le steppe dell’interno, subirono le conseguenze di ogni successiva guerra russo-turca, con altri esodi di questa minoranza, che all’inizio del Novecento appoggiò le rivoluzioni, per abbattere un impero coloniale repressivo, non tanto per la lotta di classe.
Sarebbero stati presto delusi: nel 1920, la carestia seguì ai massacri di nazionalisti tatari da parte della “Cheka”, la famigerata polizia di Lenin e si trattò di una calamità ancora peggiore in Crimea che nel resto dell’Ucraina. Molti dei tatari morirono di fame.
Le purghe staliniste liquidarono in seguito l’intellighenzia tatara pre-rivoluzionaria e soppressero la cultura di questo popolo.
Nel 1937-38, il Grande Terrore completò l’opera, facendo strage di tatari istruiti, prima di condannare i superstiti all’esilio.
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