Da bersagliere ad ardito
- Autore: Ludovico Lommi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2007
Ardito nel 1918, ma con le fiamme rosse al bavero e le piume da bersagliere sull’elmetto, come tutti i seicento del XXIII°. Ufficiale dei fanti piumati, poi medico, Ludovico Lommi racconta con l’entusiasmo giovanile di allora la Grande Guerra combattuta in prima linea. Un testo raro, pubblicato in prima edizione nel 2007 dalla casa editrice Itinera Progetti di Bassano del Grappa (una delle più autorevoli tra quelle che seguono con particolare interesse i temi del primo conflitto mondiale). È “Da bersagliere ad ardito. Nascita, vita e vicende del XXIII° reparto d’assalto”, pp. 190, euro 21,00, con due inserti fuori testo, tratti dall’album fotografico inedito degli arditi fiamme rosse, per un complesso di 110 scatti riprodotti in un nitido bianconero.
Paolo Volpato ha curato la prefazione ed è l’apprezzato ricercatore storico a sottolineare l’unicità di questo lavoro. Ludovico Lommi ricostruisce le vicende di un reparto d’assalto, l’unico decorato con la medaglia d’oro al valor militare, costituito a ottobre 1917 con volontari della III Armata, bersaglieri ed anche fanti delle Brigate Bologna e Arezzo. Coinvolto nella ritirata dopo lo sfondamento di Caporetto, presidiò le Grave di Papadopoli sul Piave, per poi schierarsi a Caposile dopo un severo addestramento speciale: petardi, bombe a mano, lanciafiamme e pugnale tra i denti.
Piacentino di Fiorenzuola d’Arda, dov’era nato nel 1892, Ludovico Lommi aveva frequentato il corso ufficiali nei bersaglieri, per poi prendere parte all’intero corso bellico, all’assalto dei trinceroni austriaci sul Monte Sei Busi nell’estate 1915 e subito ferito: sfiorato il cuore e penetrato un polmone, la pallottola era fuoriuscita senza provocare danni letali.
Dopo il ricovero, la convalescenza e il servizio leggero in una unità di addestramento, Ludovico Lommi era tornato in linea a Jamiano, promosso tenente. Il 1917 lo vide impegnato tra l’altro nel Basso Carso, a Flondar, dove aveva appena accettato di entrare nei reparti arditi di nuova formazione quando la ritirata dall’Isonzo lo condusse indietro fino al Piave.
Le pagine più intense sono dedicate alla battaglia del Solstizio: l’offensiva che gli austriaci scatenarono sul fiume sacro e sul Monte Grappa a metà giugno 1918, per sconfiggere l’Italia e metterla fuori dal conflitto.
Il giorno 15, il massiccio impatto nemico costringe a ripiegare dalla Piave Nuova, nonostante la resistenza “fino alla morte” dei combattenti italiani.
La Patria è in pericolo sotto la spinta avversaria, si combatte selvaggiamente, senza quartiere. Col rinforzo della Brigata Sassari gli arditi si rifanno sotto nei giorni successivi e strappano al nemico il territorio perso. Il contrattacco riprende il terreno fino al Piave Vecchio, il 19 giugno. La lotta è durissima tra canali e fossati, casolare per casolare, assalto dopo assalto. Non mancano episodi di violenza reciproca efferata: gli austriaci venivano avanti con le mani alzate per nascondere le squadre che sparavano a tradimento, ma anche gli arditi uccidono i prigionieri catturati in una cantina, dopo aver trovato due compagni e quattro granatieri impiccati dietro la casa.
Il 23 giugno, gli arditi rioccupano la testa di ponte di Caposile, togliendola agli austroungarici e ricacciandoli oltre il Piave per sempre. L’ultimo assalto avviene il 4 luglio, quando i resti del reparto, al comando del maggiore Allegretti, concorrono alla riconquista delle postazioni, allontanando definitivamente da Venezia la minaccia di un’invasione tanto temuta.
Arrivano un’altra ferita per l’ora capitano Ludovico Lommi e una seconda medaglia d’argento, a pochi giorni da quella consegnatagli per l’assalto a Caposile, nel maggio precedente, nel quadro di un’operazione volta a conquistare terreno fino alla riva destra del Piave Nuovo.
A ottobre il XXIII° combatte la battaglia decisiva di Vittorio Veneto alle dipendenze del generale battaglia nell’Armata del Grappa.
Il 4 novembre 1918, la vittoria trova Ludovico Lommi ancora a letto, nell’ospedale Militare di Novara, a causa della quarta ferita di guerra. Per lui è un giorno atteso, “benedetto”, ma non nasconde l’apprensione per il ritorno nel mondo civile, “disertato” da quattro anni.
“Da bersagliere ad ardito” è stato pubblicato per la prima volta nel 1919 e sorprende osservare con quanta fraternità un guerriero come lui auguri a tutti
“i popoli che si sono ferocemente odiati per tanti anni di incontrarsi e affratellarsi per sempre”.
È un vero cittadino europeo, trent’anni e più in anticipo sull’idea stessa di una Europa unita.
“Fra tutte le immense rovine di questa guerra io sopravvivo, fortunato combattente e mi sento fiero di sopravvivere. L’eccitazione eroica del sangue, che mi sostenne per anni, scemi finalmente nella serena calma dello spirito. Quando avrò dimenticato tutto il passato eroico e l’idealità della Patria, non più in pericolo, sarà diventata troppo astratta e troppo lontana, anch’io ritornerò nel vecchio solco della vita. Ritroverò le abitudini dimenticate e sentirò il desiderio e la passione di un’idealità più concreta e più vicina; mi affannerò a ricostruire la mia giovinezza”.
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