Dall’eccidio Tellini all’invasione di Corfù. Mussolini e l’Italia fascista
- Autore: Andrea Giannasi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Fine agosto 1923, una squadra navale della Regia Marina bombarda per ritorsione il vecchio forte di Corfù e occupa militarmente l’isola. L’Italia fascista passò da una missione di pace al primo dei suoi atti di guerra. Una mossa azzardata di Mussolini, un episodio pressoché sconosciuto per i più, che desta certamente curiosità negli appassionati di storia. A soddisfarla, ecco l’ampio lavoro di Andrea Giannasi, scrittore e editore, patron della casa editrice indipendente Tralerighe Libri: il saggio storico Dall’eccidio Tellini all’invasione di Corfù. Mussolini e l’Italia fascista, agosto-settembre 1923 (marzo 2020, 200 pagine).
L’iniziativa del capo del Governo italiano seguiva l’eccidio in Epiro della delegazione italiana guidata dal brigadiere generale Enrico Tellini. La mattina del 27 agosto 1923, a Zepi, sulla strada tra Gianina e Kakavia al confine tra Grecia e Albania, sconosciuti eliminarono brutalmente in un agguato i componenti della missione italiana incaricata dalla Società delle Nazioni di tracciare i confini tra la Grecia e l’Albania.
Perirono il gen. Tellini, l’aiutante di campo tenente Bonaccini, il maggiore medico Corti, l’autista Farnetti e l’interprete albanese Gheziri. Mussolini colse l’occasione per compiere un atto di forza e di affermazione del prestigio nazionale. Accusò della strage elementi ellenici, inviò un ultimatum alla Grecia, con la pretesa di scuse ufficiali, di risarcimenti in denaro, della punizione dei colpevoli e di solenni onori militari. Già il 29 agosto, ordinò l’occupazione di Corfù.
Per inquadrare la situazione, facciamo un passo indietro, guidati da Giannasi.
Nel 1923 l’Italia giocava due importanti partite sui tavoli della diplomazia internazionale. Da una parte, la questione delle riparazioni di guerra dalla Germania ai Paesi vincitori della Grande Guerra, dall’altra la vicenda di Fiume, non ancora risolta, visto che la Jugoslavia, col sostegno della Francia, era sorda alle condizioni italiane.
In questo contesto s’inserì la strage della missione italiana, inviata sul confine greco-albanese per definire i confini controversi tra i due stati balcanici. La Grecia rivendicava spazio nell’Epiro settentrionale, appoggiata da Inghilterra e
Francia. L’Italia appoggiava l’Albania nei confronti di Grecia, Turchia e Jugoslavia.
A Mussolini, presidente del Consiglio dall’ottobre 1922, l’eccidio Tellini offrì l’opportunità di unire il Paese intorno al lutto “di bandiera”, di ampliare il consenso e di mostrare i muscoli nello scacchiere internazionale, dimostrando di voler assumere un ruolo determinante nel Mediterraneo.
I cannoni delle navi da guerra italiane e le armi di marinai e soldati sbarcati a Corfù misero in movimento le diplomazie. La Grecia fece ricorso alla Società delle Nazioni, mentre la flotta britannica dirigeva unità nello Ionio, ma il re e la Regia Marina temevano l’ipotesi di un conflitto, consapevoli dell’inferiorità nei confronti della Home Fleet. Il ministro degli Esteri Contarini s’impegnò per questo a cercare una via d’uscita onorevole per Mussolini, dopo l’ultimatum inaccettabile per i greci e gli inglesi e francesi che li sostenevano.
A sbloccare la situazione e salvare l’Italia dal vicolo cieco in cui l’aveva spinta il duce intervenne una decisione della Conferenza degli ambasciatori, l’organo della Società delle Nazioni che aveva assegnato il mandato alla missione Tellini. Mentre Londra sembrava irremovibile, Parigi si adoperò utilmente e si pervenne a una soluzione pacifica. Atene pagò i debiti e le truppe italiane lasciarono Corfù il 27 settembre.
Il pasticcio di Mussolini era stato risolto in extremis, ma il premier fascista fece passare con la collaborazione della stampa come una grande vittoria le riparazioni ottenute dalla Grecia. Al contrario, il nostro Paese, oltre a inimicarsi Inghilterra, Grecia e Società delle Nazioni (per l’ostacolo opposto all’ingresso dell’Etiopia), finì per raffreddare i rapporti con la Francia (che avviò una campagna antifascista) e compromettere quelli con gli Stati minori, spaventati dalla politica aggressiva di Roma.
Quanto al toscano Tellini (1871-1023), ufficiale nella guerra di Libia e prigioniero a Caporetto, al ritorno dal campo di concentramento era stato promosso generale e inviato venne destinato in Albania, dove il vuoto di governi stabili aveva spinto il Paese sul filo della guerra civile. Bande armate, pur in lotta tra loro, contrastavano la presenza italiana e nel Sud i ribelli armati dai greci avevano ristretto i nostri nel ridotto di Valona. Nell’occasione, Tellini si distinse nella difesa di quel porto e nel 1923 venne messo a capo della commissione militare e diplomatica incaricata dalla Conferenza degli ambasciatori di tracciare sul terreno la frontiera greco-albanese.
Andrea Giannasi, nato nel 1968 a Castelnuovo in Garfagnana (Lucca) e laureato in storia contemporanea a Pisa, giornalista, storico, saggista e editore dal 1989, vanta numerosi studi sui contingenti militari in scenari di guerra e conflitti locali. Una competenza convalidata anche nel breve saggio proposto in appendice, nel quale affronta il tema attuale della definizione giuridica di “terrorismo internazionale”, dibattuta per anni, dal caso Tellini all’invasione dell’Iraq.
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