Dall’inferno si ritorna
- Autore: Christiana Ruggeri
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2015
"Ero stanca di tutto: di pensare, di lottare, di ricordare, di farmi venire l’idea giusta. Rivendicavo, tra me e me, il mio essere solo una bambina".
In quell’ormai lontano 1994, in quei 101 giorni di pura follia, nulla aveva più le sembianze della normalità: esseri umani diventati carne da macello, donne ridotte a miseri oggetti di violenza, bambini irriconoscibili, resi ancor più fragili dalla perdita delle persone care e della propria famiglia.
Uno scenario di morte si è fatto strada in Ruanda in quell’anno maledetto, l’anno dell’ultimo grande genocidio del XX secolo: gruppi armati di Hutu estremisti, uniti sotto il nome di Interahamwe - che significa "lavoriamo insieme", ossia uccidiamo insieme - hanno dato avvio allo sterminio di un milione di Tutsi - chiamati inyenzi, vale a dire insetti da distruggere e schiacciare - il 7 aprile 1994, massacro che si protrasse fino al 17 luglio dello stesso anno.
Christiana Ruggeri, giornalista esteri del tg2, alla soglia del ventunesimo anniversario di quel tragico 7 aprile, decide di scegliere, anche lei, la via del coraggio, lo stesso coraggio che ha contraddistinto il popolo ruandese e che gli ha permesso di trovare la forza di rialzarsi e di ricominciare, nonostante tutto, nonostante i dayimoni.
Il coraggio della Ruggeri è condensato nelle 240 pagine di un libro che ha il volto di una bambina di cinque anni, Bibi, che ha grandi occhi neri, ossa tenere e scricchiolanti, un sorriso luminoso e una voce che dice "Tugire Ubumwe", ossia "restiamo uniti" in Kinyarwanda. Un coraggio rafforzato dalla voglia di vivere, di vedere il proprio futuro avanzare a piccoli e grandi passi, un coraggio chiamato "Dall’inferno si ritorna. La storia vera di Bibi, a cinque anni in fuga dal Ruanda" (Giunti, 2015, pp. 240).
Un testo che è insieme un grande ricordo, un urlo disperato, un pezzo di storia e una denuncia della follia umana. Christiana Ruggeri incontra Bibi, l’unica sopravvissuta allo sterminio della sua famiglia, avvenuta per mano di miliziani hutu il 13 aprile 1994, ed oggi brillante studentessa di Medicina a Roma. Una Donna con la D maiuscola, che ha affrontato la vita mordendola con la stessa tenacia di una donna matura, una bambina che a soli cinque anni ha difeso con tutte le sue forze un’identità che avrebbero voluto negata per sempre.
"Certe volte mi sembrava di essere un’adulta col corpo di bambina, ma ero schiacciata dagli eventi. Il terrore ti sbatte a terra. Ti annienta comunque, se sei piccolo o sei grande".
Queste sono le parole con cui Bibi, a più riprese, cerca di dare forma alla paura che l’ha accompagnata per troppo tempo, che le ha strappato l’infanzia insieme ai machete, ai pugnali e ai fucili con cui gli uomini si ammazzavano tra di loro. Una lotta all’ultimo sangue per tentare di sterminare un’intera etnia, una folle corsa al massacro di cui Bibi ancora oggi non si capacita, né riesce a comprenderne i motivi. Bibi era una bambina, e come tutti i bambini aveva una vita tranquilla, una famiglia come punto di riferimento, una madre, un fratellino, degli zii e dei cuginetti.
Il papà e il nonno - che era stato la sua spalla per molto tempo, artefice di quei meravigliosi e strabilianti racconti di rara verità e umanità che hanno reso Bibi più forte, più scaltra, più attenta - li aveva persi poco tempo prima dell’inizio del genocidio, ma l’esistenza trascorreva lieve e gioiosa, scandita dai rimbrotti di una mamma amorevole, dagli studi e dai giochi. Ma quel giorno, d’un colpo, tutto questo venne meno. Lei, unica sopravvissuta al massacro, inizierà da quel momento il suo cammino verso l’età adulta, la sua fuga verso la salvezza e soprattutto la fuga dall’inferno, quell’inferno che aveva il nome del suo Paese e i volti di esseri umani impazziti, contaminati dalla follia del diavolo.
La storia di Bibi si snoda attraverso ospedali, camion arrugginiti, terre rosse e polverose e alberi millenari dove trovare riparo nelle fredde notti zairesi; ma è costellata anche di angeli, quelli del cielo, che la cullano quando le forze stanno per abbandonarla, e quelli della terra, che hanno dei volti ben precisi e dei nomi: Joseph e Marie Claire, la sua prima finta famiglia di Hutu moderati, nonché ex vicini di casa, che la sottrassero da morte certa e la portarono in ospedale per i primi soccorsi; Mama Lucy, che con la sua cova di bambini le ha fatto respirare i primi attimi di normalità e l’ha aiutata a raggiungere il confine con lo Zaire, direzione Goma, la nuova terra di salvezza; e poi Gerard, il bellissimo angelo nero che l’ha accolta come una sorella tra le sue braccia, Astrelle, la "mamma numero quattro" che negli occhi profondi di Bibi rivedeva la gioia di vivere della sua piccola, risucchiata dal grande lago Kivu a soli quattro anni. Angeli in cane ed ossa, come le suore dell’orfanotrofio, l’incubo, fino a quel giorno, per quella bambina dal braccio malandato e dalla mente galoppante, che ha saputo lottare in mezzo ai corpi martoriati dalla cattiveria, che si è fatta strada tra il buio silenzioso della notte e i colpi bassi del destino, inciampando nel terrore di essere annientata, trovando la forza di rialzarsi mentre accarezzava l’unico ricordo che possedeva della sua bellissima mamma, il rosario.
Un racconto straziante, che lacera il cuore e l’anima, quello di Bibi, portato alla luce da Christiana Ruggeri e da lei sapientemente ricostruito e messo finalmente nero su bianco in queste pagine di immenso dolore e di grande speranza.
"Come ogni genocidio, anche quello dei Tutsi ruandesi del 1994 fallì nel suo intento finale. Come ogni genocidio, ci andò molto vicino".
Così scrive Pietro Veronese in un articolo apparso su Il venerdì di Repubblica lo scorso 6 marzo, e così effettivamente andò. Le violenze di cui Bibi parla e a cui la Ruggeri dà nuovo smalto, si ripercuotono sui corpi degli uomini e dei bambini, uccisi a colpi di machete, lasciati marcire nelle loro stesse pozze di sangue, corpi gonfi e tumefatti che galleggiano sulle acque luride di laghi corrotti, violenze che si sono riversate sui corpi violati di donne innocenti, di bambine che ne portano ancora i segni: anche rotte, bacini fratturati, menti sconvolte, animi lacerati, infanzie negate. I figli nati dagli stupri che si consumarono impuniti durante quei giorni di mattanza furono quasi 500.000: "a quel tempo lo stupro come arma di guerra non era un reato. Una donna su tre, anche se bambina, lo aveva subito".
Il terrore di quel 1994 torna a vivere attraverso questo libro, a metà tra la denuncia e l’inchiesta giornalistica, intriso di tutti quei sentimenti che hanno messo radici in Bibi, da cui si è difesa, con i quali è cresciuta e da cui ha tratto forza: l’odio, il rancore, l’amore, la speranza, la gioia ritrovata, la paura latente, il terrore imperante, il coraggio di sopravvivere, combattendo con i rimorsi, i rimpianti e i sensi di colpa di chi, come Bibi, è stato aiutato da Dio a salvare la pelle, quel Dio a cui Bibi si è rivolta molte volte, a cui ha chiesto il perché di tanta violenza, il perché di un crimine così grande contro l’umanità.
Un’eccellente Christiana Ruggeri dà prova della sua bravura e della sua grande ricchezza e sensibilità interiori attraverso una scrittura limpida, pulita e accattivante, che appassiona il lettore e e lo trascina nel terrore, nell’inferno più buio, per poi farlo riemergere, perché dall’inferno si ritorna, si ritorna eccome.
Dall'inferno si ritorna
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DALL’ INFERNO SI RITORNA
Vengono definiti meccanismi di difesa quegli strumenti attraverso i quali ci proteggiamo da esperienze troppo intense o troppo dolorose.Solo grazie a questi Berenice detta Bibi,la protagonista del romanzo ,riesce a fronteggiare situazioni drammatiche e strazianti.Scissione,rimozione,negazione grazie a questi 3 elementi Bibi di appena 5 anni sopravvive all inferno in cui improvvisamente precipita il 7 aprile 1994.Questa data infatti segna l’ inizio di una carneficina in un paese africano rigoglioso e incontaminato :il Ruanda.L’ultimo genocidio del 20 secolo in cui Bibi assiste inerme allo sterminio della sua famiglia nella sua casa di kigali.Ferita dai proiettoli all’addome e con una spalla dilaniata Bibi si salva per caso,immersa nella pozza di sangue di sua madre.Da quel momento inizia il suo inferno;il suo andirivieni tra ospedali,orfanotrofi e centri di accoglienza.Impara a sopportare il freddo e la fame ,impara a mentire per sopravvivere,impara a non fidarsi e "affidarsi"a nessuno.Scopre la solItudine,la paura,il vuoto assoluto.La sua infanza è congelata,finita per sempre."Con che criterio Dio e gli angeli hanno salvato me?" È la prima della raffica di domande poste agli adulti da una bambina di cinque anni, credente in quella maniera, bella e spontanea, prerogativa dell’infanzia.Nessuno è in grado di risponderle nessuno puo spiegare il motivo per cui milioni di bimbi debbano essere vittime di violenze e orfani di una carneficina spietata.
La mente dei bambini ha suscitato sempre la mia curiosita;la spontaneita,la purezza e l’innocenza fanno di loro anime pulite ,immuni da cattiveria,violenza,perfidia.Quindi mi chiedo quanto sia deleteria per una bambina di 5 anni un’esperienza cosi terribile.Come puo’ un bambino sostenere la mancanza di una famiglia ,di qualcuno che lo ami e si prenda cura di lui.Come puo sopravvivere ad una violenza di tale portata.Quali terribili effetti una tragedia simile determina sul suo sviluppo e sulla sua psiche?Bibi è sopravvissuta , ora è una studentessa di medicina e questa testimonianza trasmette una grande fiducia nella vita :esiste la possibilita’di rialzarsi in piedi,esiste la possibilita’ di rifiorire laddove è stata seminata la morte.
"Certe volte mi sembrava di essere un’adulta col corpo di bambina, ma ero schiacciata dagli eventi. Il terrore ti sbatte a terra. Ti annienta comunque, se sei piccolo o sei grande".