Death Dance
- Autore: Laurell K. Hamilton
- Genere: Fantasy
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Nord
- Anno di pubblicazione: 2012
Cosa può mettere in crisi la Sterminatrice Anita Blake? Nuovi mostri, un serial killer spietato, qualche secolare master determinato ad ucciderla? No, nel quattordicesimo capitolo della serie della scrittrice Laurell K. Hamilton è un test di gravidanza a minare le basi della sicurezza della spietata risvegliante della città di St. Louis. E chi è il padre? Già, perché se all’inizio della saga la bella negromante aveva mille e un dubbio sugli uomini della sua vita - il vampiro Jean Claude e il licantropo Richard - e su cosa fare di loro, adesso la troviamo con sette amanti tra succhiasangue, lupi mannari, leopardi e chi più ne ha più ne metta. Alla base di questo vero e proprio harem c’è la fame, l’ardeur, un potere metapsichico fondato sulla lussuria. Per cibarsi e incrementare il proprio potere, Anita deve circondarsi di uomini e dare sfogo a una sessualità che riempie fin troppe pagine di questo libro, trasformando un brillante paranormal fantasy in una sorta di romanzo hard in cui, a livello di trama, non accade praticamente niente.
A St. Louis è stata organizzata una festa con i Master d’America più potenti per discutere di questioni di politica vampiresca. Il Circo dei Dannati ospiterà vampiri e creature secolari dotate di immensi poteri e sarà Anita a fare gli onori di casa, sfoggiando almeno tre tipi diversi di licantropia contratti nel corso della serie, una carica di energia necromantica in grado di farle quasi tenere testa a Belle Morte, la madre di ogni vampiro, e una necessità impellente di nutrire quell’ardeur per cui la sirena del gruppo la definirà - e a ragione - assai simile ad una succube. Per quanto Death Dance spieghi i meccanismi metapsichici che giustificano i radicali cambiamenti di un personaggio complesso come Anita e introduca nuove comparse legate al passato dei protagonisti, è davvero difficile intraprendere una lettura interrotta ogni tre pagine da una scena di sesso esplicita o da allusioni costanti alla vita sessuale di ogni personaggio. Ne risente notevolmente sia la parte descrittiva, monotona e a volte al limite del volgare o dell’incomprensibile in termini di significato, che la parte dialogica, vero punto di forza dei primi capitoli della serie: dov’è finita l’Anita che rispondeva a tono a ogni suo rivale e faceva del cinismo la sua arma migliore? Si parla di schiettezza, ma le battute della negromante e dei suoi interlocutori sono ripetitive e scontate, forzate addirittura o comunque distanti dalla naturalezza espressiva cui eravamo stati abituati. E ancora, dov’è finita l’Anita armata di Uzi e pugnali d’argento? Le armi sembrano essere state soppiantate da pillole anticoncenzionali e preservativi, qualcosa di davvero lontano dall’idea di partenza che i lettori - io almeno - si erano fatti di un’eroina ormai prossima a diventare la prostituta più potente d’America.
Sperando in un ritorno alle belle origini, accantoniamo questi ultimi capitoli della serie che non possono che deludere le aspettative.
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