Delitti e vecchi merletti. Casi di cronaca nera che hanno fatto la storia
- Autore: Gabriele Moroni
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2018
Agli italiani piace nero. Il caffè? Anche, ma i connazionali adorano la cronaca nera e Gabriele Moroni ne regala fino a saziarli. L’inviato di cronaca giudiziaria del Giorno è tornato in libreria con “Delitti e vecchi merletti. Casi di cronaca nera che hanno fatto la storia”, edito da Ugo Mursia nel 2018 (232 pagine 18 euro), nella collana Gialli italiani.
Lombardo (Parabiago) ha seguito i più importanti casi degli ultimi quarantanni, tra i più recenti quello di Yara Gambirasio di Brembate, a un’ora da casa. In attività professionale dal 1977, si dichiara “fortunato” e sostiene di essere “un grande privilegiato”, per aver fatto “da grande quello che desiderava fare da bambino”, il giornalista.
Redattore de La Provincia pavese, La Notte e Il Giorno (non è un gioco di parole) è stato per quest’ultima testata soprattutto cronista di “nera”, la preferita dagli italiani, la più cercata, sfogliata, seguita, chiacchierata, discussa ed ora social-mediamente divulgata, con le conseguenti distorsioni del passaparola che la rendono argomento da conversazione disinvolta più che oggetto di rigorosa ricostruzione dei fatti.
Oggi domina dai teleschermi, ma fino a qualche decennio indietro, anche oltre un secolo, quando i talk show non attiravano il pubblico davanti al piccolo schermo per seguire i casi più scottanti, i “fattacci” non potevano che essere letti, su quotidiani e carta stampata e poi raccontati, di bocca in bocca. Avvincevano tanto più quanto più i casi si rivelavano ricchi di particolari scabrosi, tanto per i contenuti sessuali di certi delitti che per le modalità particolarmente efferate di certi omicidi, tanto meglio se plurimi. La gente amava essere scandalizzata e il gradimento delle vicende processuali era diametralmente opposto alle manifestazioni di raccapriccio o di riprovazione ostentate collettivamente. Fino a tutti gli anni Ottanta, nelle conversazioni anche occasionali in mercati rionali e sui mezzi di trasporto ci si sforzava di comportarsi da benpensanti, ritenendo socialmente corretto fingere di disapprovare in pubblico quello che si divorava con bramosia in privato. Consumatori compulsivi di resoconti grondanti sangue, aspetti macabri e peccaminosi insistevano in coro: “dove finiremo di questo passo, una volta queste cose non succedevano” (assolutamente falso, succedevano eccome).
Sesso e sangue nelle Gazzette garbavano tanto ai nostri nonni. Lo scandaloso piaceva, ma non lo si riconosceva. Tuttora non è cambiato molto. I telespettatori borbottano scandalizzati, biasimando intere trasmissioni o l’insistenza su certi particolari e non confesseranno mai d’esserne attratti irresistibilmente, come confermano i dati dell’audience.
Venti i casi riaperti da Moroni, accomunati da qualcosa che è rimasto irrisolto, misterioso, sospetto, da molto più di due secoli a questa parte, visto che il primo, quello del serial killer di pastorelli e bambine in Lombardia data 1792, è coevo al terrore dopo la Revolution Francaise. Fatto sta che molto probabilmente si trattava di un animale omicida e non di un uomo, ancora meno un lupo mannaro, come si indugiava a supporre.
Casi neri, alcuni nerissimi, altri macchiati di rosa, cerchez la femme, come quello del feretro del segretario-fidanzato che la principessa milanese Cristina Trivulzio di Belgiojoso trasferiva con sé come bagaglio portava ad ogni spostamento. Spazio anche a qualche episodio spiritosamente medico-legale, dal momento che l’autore avanza il fondato sospetto che il tanto chiacchierato cranio del brigante Vilella, conservato da Cesare Lombroso, non appartenesse al famigerato capobanda calabrese. Un reperto anatomico apocrifo.
A proposito di humour, tra le pagine giudiziarie scartabellate dal cronista spicca l’episodio del lago venduto da un sindaco, come la fontana di Trevi in un film di Totò. Accadde dopo l’unità d’Italia, ad opera di Giuseppe Pestagalli, primo cittadino di Bosisio Parini, comune della Brianza lecchese nel cui territorio si estende il bacino lacustre di Pusiano, alimentato dal fiume Lambro.
Un collage di storie, dice il direttore de “Il Giorno”, Sandro Neri, in una prefazione nella quale non nasconde un evidente orgoglio di scuderia.
Tra tante “nere”, c’è pure una storia in camicia rossa. Risale all’agosto 1849, alla morte della povera Anita Garibaldi, nelle paludi di Ravenna, durante la fuga col marito per sottrarsi alla caccia delle truppe austriache, sulle loro tracce dopo la caduta della repubblica Romana. Garibaldi lasciò la moglie ormai spirata nella fattoria Guiccioli, alle Mandriole, affidando i resti ai presenti per la sepoltura. Sei giorni dopo, il corpo venne rinvenuto nella sabbia, con segni di strangolamento. La pista del giallo fu battuta e abbandonata. Si parlò di segni causati dalla rapida decomposizione. Probabile, molto verosimile.
Delitti e vecchi merletti: Casi di cronaca nera che hanno fatto la storia
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