Dialoghi sull’Italia della Seconda Repubblica
- Autore: Fabio Cesaro, Domenico Spina, Roger N. Locilento
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
Dialoghi … sul perché siamo confusi
La generazione precedente alla nostra, quella dei nostri genitori, era piena di idee e speranze: avevano una fede (sì, proprio “fede”) incrollabile verso le proprie convinzioni. Noi, cresciuti sul crollo del Muro di Berlino, abbiamo odorato il mondo delle grandi ideologie; oggi, viviamo di tale odore, senza gustarci il sapore dell’applicazione politica di tali idee.
Ci siamo formati culturalmente nel Ventesimo secolo, grazie allo studio di ideologie oggi superate. Siamo romanticamente legati a quelle, ma ci rendiamo conto che sono destinate ad essere confinate nel nostro bagaglio culturale. Ci rifacciamo con le idee a un mondo che non c’è più: un “vorrei ma non posso”. Forse è proprio questo a spiazzarci.
Siamo figli “illegittimi” del ’68, nel senso che godiamo dei frutti di una rivoluzione morale, culturale e politica senza essere veramente consapevoli di quello che ha significato; ovviamente, al netto dei “guasti” che ne sono scaturiti. Tuttavia, i veri figli di quella rivoluzione, ormai imbolsiti, hanno lasciato spazio a una generazione post-ideologizzata, post-industriale e post-culturale (insomma “post”) che non ha ancora la stessa spinta propulsiva dei suoi epigoni. Una matassa che certamente si dipanerà, ma che oggi non può che lasciare dubbi e incertezze. Ecco perché è necessario almeno interrogarsi, forse proprio per continuare a cercare quella “forza” della quale si sente ormai solo un fioco riverbero.
La mancanza di tempo per fermarsi e farsi delle domande è solo frutto di una società appiattita e dell’inedia. Evidentemente, non c’è una crisi politica (nell’accezione più estesa del termine) ma una crisi della società più in generale. Quindi la crepa si allarga e i motivi di preoccupazione aumentano.
Nel mondo di oggi il tempo da dedicare a sé stessi è estremamente ridotto se lo si confronta con quello del passato. Tutto è accelerato, lavoro, problemi da risolvere, e aumenta la necessità di coprire uno spazio sempre più grande in un tempo sempre più piccolo. Chi ha la fortuna di essere o diventare forte, avere cioè cultura, possibilità economiche e carattere riesce a ritagliarsi un angoletto da dedicare alla riflessione. Chi invece, o perché non ha i mezzi o perché non ne ha la forza si lascia travolgere dal caos, subisce in toto l’esterno senza potersi occupare di ciò che ha dentro, dei suoi pensieri, delle sue esigenze spirituali, a scapito di quella che siamo soliti definire qualità della vita.
La sensibilità degli autori diventa un tentativo ideale-speculativo quando nei loro dialoghi si accorgono che le più grandi tragedie della storia sono accadute laddove si è voluta togliere la libertà alle persone. I popoli hanno da sempre lottato per essere liberi, senza che vi sia un potere superiore che scelga al posto loro, vanificandone il lavoro.
Fabio, Domenico e Roger a questo punto sciolgono ogni dubbio: perché la libertà si realizzi nel senso più pieno del termine bisogna uscire dalla logica dell’“io non me ne occupo”.
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