Diario di Guerra
- Autore: Giuseppe Giuriati
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
“Prima di scrivere bisogna aver vissuto”, afferma nella prefazione Giovanni Comisso, letterato e autore a sua volta del diario Giorni di guerra.
Giuseppe Giuriati, arruolato nel secondo reggimento granatieri di Parma, la guerra l’ha vissuta e sofferta pienamente. Scrive con immediatezza e istintività, con qualche sgrammaticatura ma senza edulcorazioni o compiacimenti. Per questo le sue memorie, scritte “dal basso” e in modo molto semplice, hanno un buon ritmo e la forza potente della verità portata in modo diretto; ci parla di fatica, dolore, sangue, urina, botte e soprattutto paura.
L’opera del giovane granatiere può essere confrontata col Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda e con La città effimera di Giuseppe Scortecci. Sul Sei Busi, sull’Hermada e nella prigionia la paura non lo lascia quasi mai e gli fa spesso dire “Adio Bebi”, quando ha la sensazione che la morte sia a un passo.
Viene catturato in seguito alla rotta di Caporetto, dopo che il reparto varie volte ha tentato di rompere l’accerchiamento, avendo tra i caduti il Colonnello Spinucci, poi premiato con la Medaglia d’Oro. La prigionia dura circa quattordici mesi e Giuriati può tornare a casa solo a guerra ampiamente finita. Il calvario che deve subire lo vede passare attraverso tre campi di concentramento; Darmstadt in Baviera, Meschede e poi Irson in terra francese occupata dai tedeschi. Fame, malattia e duro lavoro lo tormentano. Gli viene anche assegnato un numero di matricola.
Deve fare i conti con la violenza dei carcerieri tanto da annotare:
“Io ringrazio il Signore, io finora ne ho preso soltanto 3 baionettate nelle spalle, 5 nervate nella testa che mi fece male 15 giorni, tre calci nel culo con stivali e battiture col fucile e diversi schiaffi nel viso ecc.”.
Tra mille stenti e sofferenze, sembra più volte sul punto di crollare. Solo nel febbraio del 1919 riesce faticosamente a rimpatriare dopo un complicato viaggio di ritorno. Al fronte i genitori erano stati a trovarlo nel settembre 1917, regalandogli una delle poche gioie della sua esperienza militare. Al rientro a Treviso, deve fare i conti con una città prostrata dalla guerra e poi dalla febbre spagnola che aveva purtroppo colpito anche la sua famiglia.
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