Diario di Guerra dal Corno di Cavento
- Autore: Dante Ongari
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Felix Hecht, comandante ventitreenne di un reparto di fanteria scelta austriaca, figlio di un generale dell’esercito asburgico. Si conosce da anni il suo breve diario in prosa elegante della Grande Guerra in montagna, obiettivo e rispettoso dei nemici italiani, che chiama caratteristicamente Tigri. Quel testo, più volte riedito in Italia dal 1969 a diffusione locale trentina, quindi di non facile reperibilità, è ora a disposizione degli appassionati e lettori di tutto il Paese, nella settima edizione, per i tipi dalla Editrice Rendena di Tione, Trento, col titolo Diario di guerra dal Corno di Cavento del primo tenente dei Kaiserjäger Felix Wilhelm Hecht von Eleda (ottobre 2021, collana Grande Guerra, 128 pagine).
È un eccellente lavoro, a cura del tecnico e storico ing. Dante Ongari, scomparso nel 1998, già presidente e attivo componente della SAT (Società Apinisti Tridentini), che ha sempre sostenuto la pubblicazione degli appunti stenografici del tenente von Eleda, riconoscendo il merito storico del documento e il valore dell’ex avversario.
La curatissima edizione Rendena, seconda dopo quattro anni per il marchio valligiano trentino, splendidamente e riccamente illustrata in bianconero con immagini d’epoca e di guerra in alta quota, si fa apprezzare per la qualità grafica oltre che per i contenuti. Offre notizie sul rifugio Carè Alto, intitolato a Ongari, oltre alle sue ampie note di commento e al testo diaristico, appuntato con stenografia personale dal giovane ufficiale viennese durante la permanenza sull’importante posizione austriaca del Folletto-Cavento, a quota 3400, nel sottosettore Carè Alto del Gruppo Adamello, tra le Vali Rendena e di Fumo.
Dall’8 febbraio all’11 giugno 1917, le note si arrestano pochi giorni prima che il tenente cadesse combattendo contro gli alpini, le Tigri dei suoi appunti. Era l’appellativo attribuito dagli imperiali agli avversari italiani, ne riconosceva la “ferocia in azione” ma per Ongari “serviva anche da spauracchio” per sconsigliare diserzioni, che il discontinuo fronte del ghiacciaio rendeva più agevoli.
È suggestivo accomunare il destino di Hecht a quello analogo dell’ufficiale alpino mantovano Arnaldo Berni, caduto anch’egli in combattimento nella Guerra Bianca, in una postazione ancora più elevata, Punta San Matteo dell’Ortles (tra Lombardia e Trentino), il 3 settembre 1918. Il capitano Berni ha lasciato un diario, come il leale ex nemico e i suoi resti non sono mai stati ritrovati, esattamente com’era accaduto al tenente dei Kaiserjäger.
Felix Wilhelm Hecht von Eleda, reduce dal fronte russo della Galizia e da
quindici mesi sulle posizioni delle Giudicarie e Alto Garda, raggiunse Tione l’8 febbraio 1916 e poi il Cavento, al comando di una compagnia di esploratori impegnata a difenderlo. Il 15 giugno 1917, dopo un bombardamento di artiglieria, controbattuto tardi e male dalle batterie austriache, duemila alpini mossero all’attacco poco dopo mezzogiorno, da tre lati, contro i duecento difensori. Il tenente resistette per ultimo, dietro una mitragliatrice, ma già ferito alla testa venne travolto da un alpino e precipitò nei dirupi. La salma scomparve e furono vane le ricerche sollecitate dal padre per via diplomatica attraverso il Vaticano.
Sulla posizione conquistata, il sottotenente Fabrizio Battanta, detto il Brigante del Cavento, rinvenne effetti di Hecht nella ridotta del comando, una lettera della fidanzata e il quaderno stenografato.
Pur non decifrandone il contenuto, il reduce comasco ha conservato il manoscritto per quasi mezzo secolo, fino alla scoperta e alla parziale trasposizione del testo, che si devono allo storico Luciano Viazzi.
Il diario aveva carattere riservato e l’autore lo teneva sempre con sé, nel timore che qualche stenografo indiscreto potesse apprendere i suoi pensieri segreti e le critiche a carico dei comandi.
Hecht è molto abile a cogliere con pochi tratti la vita giornaliera al fronte. Non nasconde pessimismo e cattivi presagi sulla situazione. Traspare l’alternarsi tra sentimenti di elevata spiritualità e la fedeltà all’impero. Sul Cavento, spiegava Ongari, “vive il dilemma dell’attesa continua”, tra l’attacco degli alpini, di cui teme l’aggressività e l’azione austriaca per prevenirlo. È amareggiato dalla condotta velleitaria degli alti comandi, indecisi nel contrastare le evidenti operazioni gli italiani, impegnati a portare nuove bocche da fuoco per assediare il Cavento. Ammira la natura e lo stupendo paesaggio che lo circonda, il panorama montano suggestivo che a volte mostra il lontano Cervino e il Monte Bianco.
Si rimette con fede sicura alla volontà divina: fermo nel proposito di resistere
fino all’ultimo, sigla il diario con le cinque iniziali maiuscole del motto della Compagnia di Gesù: “Omnia Ad Majorem Dei Gloriam”.
Nei pochi spunti romantici, lascia intravedere una “colta personalità non priva di senso letterario”. Editando il manoscritto, Ongari ha evitato la trascrizione testuale, omettendo qualche ripetizione superflua. Volle dedicare l’opera alla gente di montagna.
Diario di guerra dal Corno di Cavento
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