Diritto di volare
- Autore: Sofia Gallo
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2009
Ci sono romanzi-gigantografia di gruppo, colati a piombo in medias res della storia che raccontano. Sono romanzi impudichi, sinceri, che brillano di luce propria, destinati a durare nel tempo e col tempo stratificarsi nella memoria collettiva.
“Diritto di volare” della scrittrice torinese e giramondo Sofia Gallo (Giunti, 2009) è uno di questi e non vi sembrino parole grosse. Dallo “sfondo” che si estende lungo un arco temporale “fiammeggiante” - dal 1969 al 1977 italiani - deriva una trama ferro e fuoco - tesa, tesissima, anzi di più - con annessa e connessa piega romantica (contraltare alla ruvidità dell’epoca), come in ogni storia di formazione che si rispetti.
“Diritto di volare” è a mio avviso e in primo luogo la cronaca (alquanto annunciata) di un itinerario interiore, sullo sfondo movimentarista dei Settanta. Una bioradiografia intima e plurale al contempo, come soltanto i giorni in cui il personale coincideva col politico potevano suggerire. Se si esclude l’approccio saggistico, gli anni di piombo o li butti in apologia come Nanni Balestrini oppure ne tiri fuori thrilleracci all’americana come Faletti nel suo “Appunti di un venditore di donne”: tertium sembrerebbe non datur. E invece Sofia Gallo se ne esce pulita pulita con questa sua “terza via” (un cocktail di azione & riflessione, politica, amori/disamori & introspezione), che prescinde da sentieri già battuti.
Il diario in presa diretta di Elena - una simil-Bridget Jones della lotta dura e senza paura, una transfuga under 20 della Torino-bene - con dentro assortiti in mix i topoi del periodo (Lotta Continua, il femminismo, le fughe da casa, gli espropri proletari, il sesso libero, i dibattiti senza soluzione di continuità, gli scontri di piazza, il nascente terrorismo, le crisi individuali e quelle collettive) e quel tanto di indagine psicologica che serve a inspessire i personaggi. “Diritto di volare”, pur non tacendone gli slanci, è tutt’altro che tenero sulla deriva armata dei Settanta (Elena approda alla militanza per sperimentarsi “altra” dalle rigide dinamiche familiari, piuttosto che per convinzione rivoluzionaria) e anche per ciò si legge come un romanzo d’avventura (sociale ed interiore), (dis)incantato, affatto plumbeo, nonostante non sottragga lo sguardo alle descrizioni di vite, ambienti e geografie alquanto intirizzite.
Non ho il vizio di entrare nel dettaglio delle trame, dei pochissimi romanzi che frequento mi interessa soprattutto il modo in cui sono strutturati. Su quello di “Diritto di volare” ci metto la mano sul fuoco: risponde in pieno ai canoni del libro che non si dimentica e sul quale si ritorna. Piacerà anche a chi all’epoca militava più a sinistra della sinistra, soprattutto se onesto con se stesso e con la storia.
Diritto di volare
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