Le mie prime opere
- Autore: Desirèe Quaranta e Giuseppe Zolli
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Promosso dall’Ufficio per le politiche giovanili del Comune di Agropoli, in provincia di Salerno, il Laboratorio di scrittura creativa di cui Le mie prime opere (L’ArgoLibro, 2024) offre un compendio significativo, è il frutto di una virtuosa sinergia tra istituzioni locali, Forum dei giovani e le librerie del territorio. Ormai giunto alla seconda edizione, il Laboratorio ha lo scopo di fornire un
aiuto concreto ai ragazzi affinché siano efficacemente aiutati a sviluppare le proprie capacità intellettuali e artistiche
come dichiara nel testo di prefazione il sindaco del comune campano Roberto Antonio Mutalipassi.
Il volume si compone di due felici esemplari di scrittura narrativa, selezionati tra i lavori prodotti durante il Laboratorio, e sono opera di due giovani, promettenti autori: Desirèe Quaranta e Giuseppe Zolli.
Desirèe Quaranta, nata ad Agropoli, frequenta il Liceo scientifico e come leggiamo nella nota biografica
ha cominciato con Geronimo Stilton e non ha più lasciato il rifugio che trova nei libri e nella scrittura, che creano il suo mondo.
Il suo racconto è intitolato L’Alba e si articola in 29 capitoli che narrano in prima persona la storia di un’adolescente di nome Sole, costretta, durante un’estate che si rivelerà decisiva per la sua crescita umana e spirituale, a lasciare Roma per trasferirsi con il papà in una cittadina degli Stati Uniti, Avalon, dove l’uomo ha trovato un nuovo e più gratificante lavoro. A malincuore Sole, ragazza sensibile e riflessiva, terminato il quarto anno del liceo, è costretta a salutare gli amici fraterni Alex e Lisa e ad aprirsi a un nuovo capitolo della sua esistenza, che incrementa la sua ansia e angoscia del futuro, ancora ignara di ciò che l’aspetta oltre oceano.
Ad attenderla c’è infatti un’atmosfera particolare, carica di promesse e novità ma anche di una tensione che scaturisce dal riaffiorare di ricordi e figure controverse del passato e dell’infanzia. In particolare, ad Avalon Sole incontra Helia, un ragazzo misterioso e sfuggente con cui (anche per l’affinità evidente dei rispettivi nomi di battesimo) aveva simpatizzato fin da piccola, coltivando un affetto profondo disatteso da un tradimento da parte di lui e da un distacco che sembrava irrimediabile. Il suo percorso di ambientamento nella nuova realtà americana proietterà la giovane protagonista in un vortice di avvenimenti, sensazioni ed emozioni che rischieranno più volte di mettere a dura prova i suoi valori e sentimenti, ma che alla lunga la renderanno più consapevole, forte e matura.
Costruito con una tecnica dell’informazione nascosta che inserisce nella transazione comunicativa informazioni sconosciute alla protagonista stessa (e conferisce al racconto un effetto di suspense che si rivelerà determinante per ricomporre le intricate tessere del puzzle su cui è congegnato l’intreccio), il racconto di Desirèe è tutto focalizzato sull’idea del cambiamento interiore, che conduce, non senza drammatiche conseguenze, alla maturità e alla definizione consapevole di un’identità che per la protagonista consiste principalmente nel corrispondere ai veri richiami del cuore. Il finale ciclico della storia narrata (che si conclude a Roma, là dove era cominciata) sembra riecheggiare le parole del filosofo Carl Gustav Jung: “Lì dove cadi, proprio lì, dove sei inciampato, se scavi troverai un tesoro”. Leggiamo infatti nel paragrafo conclusivo del racconto questa bellissima riflessione:
Alla me di poco tempo fa... quante cose sono cambiate: lei credeva che non avrebbe più trovato serenità, vorrei parlarle e dirle di stare tranquilla perché, per quanto lungo o difficile sia il percorso, non può sempre essere complicato, tanto da sembrare impossibile. Prima o poi sentirà di nuovo il cuore sorridere.
Originario lui pure di Agropoli, Giuseppe Zolli è uno scrittore e giornalista emergente che ha alle spalle esperienze già significative, avendo creato in passato una piccola rivista con l’aiuto di amici; ha collaborato con un giornale di Torino finché dal 2024 ha iniziato a scrivere stabilmente e in modo costante per il giornale campano “L’Occhio notizie”.
Il suo racconto distopico si intitola I liberi e, in ossequio al genere prescelto, è ambientato in una Napoli avveniristica, grigia e impersonale come i palazzi sovrappopolati che nascondono la luce solare sostituendola con quella artificiale dei tabelloni pubblicitari. La storia ci proietta in avanti in un mondo ormai disumanizzato, in cui
il progresso tecnologico attraversava maestosamente il mondo e l’umanità cresceva evolvendosi, ma gli umani non trovavano la forza neppure per aprire delle finestre.
Anche il protagonista, John, un trentenne diviso tra un lavoro monotono e ripetitivo in ufficio e lo shopping compulsivo, condivide la coscienza assopita degli altri automi alienati che incrocia sugli autobus ogni giorno. La “dottrina del consumo”, ratificata dal Governo centrale di Washington nel 2080, ha compiuto un processo di omologazione che rende gli individui tutti uguali ed uniformi, insensibili allo spirito critico ed alla emozionalità, capaci solo di lavorare e di spendere. Tutto ciò in nome di una concezione retorica e commerciale di una Pace vista non più come occasione d’amore e socialità, ma usata ipocritamente come mero strumento di profitto e controllo delle coscienze (in tal senso, una variante alternativa e apparentemente indolore di quella guerra che dovrebbe scongiurare). Sarà l’apparizione fantasmagorica di una misteriosa ombra notturna e più ancora l’incontro con Elisa, la nuova collega d’ufficio, a innescare nel protagonista un confronto con la diversità e un cambiamento che lo porterà a ricongiungersi con la propria coscienza, riconquistando la propria libertà e identità.
Al di là delle differenze di stile e di contenuti, molti fattori riconoscibili accomunano i due racconti, a cominciare da una pregevole correttezza espressiva e la costruzione di intrecci originali, complessi e coinvolgenti. Risulta sintomatico che in entrambi i testi emerga una spiccata competenza di ordine pragmatico, che valorizza in modo peculiare lo scopo comunicativo delle storie attraverso la costruzione ed evidenziazione di aspetti corporei, gestemici, che si manifestano negli atti comunicativi dei personaggi, quali il modo di vestire, di utilizzare il tempo libero, la gestione degli spazi o ancora l’alimentazione o il rapporto con gli oggetti.
L’utilizzo appropriato di tali specifiche funzioni linguistiche ha permesso agli autori di lavorare efficacemente sull’empatia dei personaggi, che infatti riescono ad apparire veri ed autentici, evidenziando soprattutto la necessità del cambiamento in atto mediante azioni concrete e significanti, oltre a far emergere, in chiave interpretativa, risvolti impliciti o nascosti.
Qualche fisiologica lacuna e debolezza può essere riscontrata invece nell’aspetto sociolinguistico dei testi; in particolare in qualche difetto di variazione linguistica relativo ai tempi, agli spazi e ai contesti sociali delle storie rappresentate, cosicché molto spesso i personaggi si muovono in tempi e luoghi, o si confrontano con il contesto di riferimento in modo approssimativo e meccanico, linguisticamente inefficace, con l’effetto talvolta di una carenza di flessibilità narrativa che rende ogni azione imprigionata nella sistematicità della tesi o dello scopo sotteso al racconto, rischiando così di tarpare le ali alla libertà e all’autonomia di invenzione.
È augurabile che questa meritoria iniziativa editoriale nata in terra campana continui e si sviluppi ulteriormente nel tempo, riflettendo l’alta ispirazione di un lavoro sulla scrittura creativa come imprescindibile modello esistenziale ed educativo, capace di orientare ai valori della bellezza, della libertà non soltanto espressiva e della fiducia in se stessi e nella propria comunità, che i due racconti qui presentati testimoniano con la felice intraprendenza della giovinezza e del talento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le mie prime opere
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