Il pagliaccio di Thomas Mann

Paul Thomas Mann, conosciuto col solo Thomas Mann, è stato uno scrittore tedesco che scriveva cose eccelse, inclusi alcuni racconti lunghi come Il pagliaccio (Feltrinelli editore, 2015, traduzione di Ingrid Harbeck) ed è stato un autore importantissimo del secolo corso.

Essere tedeschi e al contempo essere presente nel suo stato come scrittore non è stata cosa facile, per lui; durante il secondo conflitto bellico sapeva lo schifo e l’orrore hitleriani e, famiglia privilegiata, lui e i suoi scapparono negli Stati Uniti. Descritto da sempre come un moralista, la cui fama arrivò col capolavoro La montagna incantata, in realtà era un uomo blasé, con figli che lasciò scorrazzare nella sua vita, mentre lo scrittore studiava, scriveva romanzi e racconti di ineguagliabile stile letterario e amava giovani del suo stesso sesso, se capitava.
In realtà Il pagliaccio è tra i suoi racconti tristi, dove un uomo divenuto ricco per una eredità, se la gode ma dopo poco tempo si accorge che vivere in una prigione dorata è più sgradevole che andare al lavoro. Non per altro, ma perché stanca il dolce far niente se non hai un progetto di vita.
Ecco che qui Mann diventa moralista: ha due figli tremendi, ma di talento a iosa. Se avesse avuto più soldi, Mann avrebbe avuto il tempo di fare altro? Non è ammissibile, lui ha sentito da sempre questa urgenza, anche quando stava a Lubecca, in Germania, dove nacque per caso, e vivendo poi a Monaco di Baviera. Nel 1929 vinse il Nobel per la letteratura.
Uomo complesso, in questo lungo racconto sembra che nel personaggio ci sia qualcosa dell’autore, sempre perché la scrittura di un vero scrittore è sempre finzione.
Rubiamo due righe, proprio per inquadrare il personaggio:

Vivere si deve fare e se ti rifiuti di essere un uomo d’azione, per rifugiarti nella più pacata solitudine, saranno le vicende dell’esistenza a sopraffarti.

Mann era uno studioso di grandissimo livello, eppure si era ritrovato in un’Europa impazzita, con il suo incubo, la sempre più numerosa folla che sosteneva il nazismo. Finita la guerra, Thomas Mann andò sempre meno in Germania, come se fosse in difficoltà anche a parlare tedesco in patria. Passò gli ultimi anni in Svizzera, a Zurigo.
Il pagliaccio è l’Europa, che cambia direzioni politiche perfino oggi, convinta che le idee europee occidentali siano le migliori possibili. Per intanto ci facciamo prendere dalla malia della sua scrittura, che resterà in eterno. Chi può dirlo?