Dizionario delle cose perdute
- Autore: Francesco Guccini
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2013
Francesco Guccini, emiliano, nato nel 1940, ha visto, nel tempo, rapide trasformazioni che hanno comportato cambiamenti totali nei costumi, nell’atteggiamento delle persone, negli stili di vita. Comincia il racconto dal modo in cui i bambini, quando lui era piccolo, venivano pettinati, con una buffa acconciatura con un ricciolo in testa a forma di banana:
“un vezzo al quale in nessun modo potevamo ribellarci, una specie di grottesco cannolo che sovrastava i nostri occhi, da poco spalancati sul mondo. Non solo ai maschi è stata imposta tale umiliazione, alla quale evidentemente era impossibile opporsi, ma anche alle femmine toccò questa triste sorte in più, per loro, con l’aggravante di un lezioso fiocchetto, una piccola farfalletta di stoffa a coronamento del tutto”.
“Dizionario delle cose perdute” è un misto di realtà e riflessioni, si articola come una lunga conversazione che ha il tono del romanzo. Molto interessante il capitolo I cantastorie in cui ricorda alcuni personaggi che giravano per le piazze intrattenendo il pubblico con racconti talvolta crudeli in rima. Distribuendo “fogli volanti” si aiutavano a intrattenere la gente che, all’epoca, aveva ben pochi divertimenti e si appassionava e interessava a storie commiserevoli, alterate ad arte per aumentare l’interesse di chi le ascoltava. Il paradosso e l’aspetto trucido erano accompagnati da una grande maestria nel catturare l’attenzione del pubblico. Francesco Guccini, cantautore delicato e impegnato, mostra la stessa sensibilità musicale in questo lungo racconto, anche quando riporta l’esperienza della naia o spiega come ci si difendeva dalle mosche con la carta moschicida. Dall’acconciatura a banana alle braghe corte, alla maglia interna di lana di pecora che pizzicava la pelle, riesce a dare a ogni episodio quella suggestione e nostalgia per il tempo che fu che, pur inquinato dal fumo (presente soprattutto nei locali pubblici ove nessuno si poneva il problema del fumo passivo) era, se non sempre giusto, autentico.
Francesco Guccini descrive con grande partecipazione emotiva i giochi della sua infanzia: il chiocaballe, i coperchini, le palline, la fonda, la cerbottana, i cariolini, il carro armato, la lippa (che, con le dovute varianti, era una forma di primitivo baseball), il Meccano, Shangai e pulce. Giochi maschili per i quali, in braghe corte, i bambini si buttavano letteralmente in mezzo alla strada, spesso andando a carponi e sporcandosi completamente sui marciapiedi polverosi. La riflessione sui giochi di allora ci riporta a fare considerazioni sul mondo attuale e sui suoi limiti:
“Ma siamo sicuri che la Playstation o i vari giochi elettronici manovrati con stupefacente abilità dai bambini contemporanei siano superiori ai giochi che praticavano i ragazzi di una volta, giochi, ahimè, scomparsi e lasciati in un passato non tanto poi, così remoto?”
Dizionario delle cose perdute
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