Dolori precoci
- Autore: Danilo Kis
- Casa editrice: Adelphi
“Da mia madre ho ereditato la tendenza a combinare fatti e leggende, e da mio padre il tono patetico e l’ironia. Per il mio rapporto verso la letteratura non è irrilevante il fatto che mio padre sia stato l’autore di un Orario ferroviario internazionale: si tratta di un’intera eredità cosmopolita e letteraria.”
In questo piccolo libro, lo scrittore Danilo Kis narra alcuni degli eventi vissuti e per sempre impressi nella sua memoria facendo affiorare in maniera viva e confusa il ricordo della patria perduta, il ricordo del padre, della guerra e della povertà. Un flusso inarrestabile di piccoli episodi legati alla sua infanzia e narrati in diciannove racconti pubblicati la prima volta nel 1969.
Dolori precoci sembra essere la rappresentazione di un album di foto in bianco e nero impresse nell’animo, il diario di un bambino che in un’Europa in guerra va con la mente ai momenti di nostalgia come a quelli di dolore: la serenata alla sorella Anna, l’irruzione della folla affamata in un magazzino di viveri, la strada degli ippocastani che nessuno ricorda più o la promessa al suo vecchio cane Dingo.
Danilo Kis nasce in un piccolo paese della Jugoslavia, figlio di un ispettore ferroviario ebreo e madre montenegrina di religione ortodossa. Con l’introduzione delle leggi razziali nel 1939, all’età di quattro anni, i genitori lo fecero battezzare nella fede ortodossa per salvargli la vita. Il padre sarà portato via dai nazisti e morirà ad Auschwitz nel 1944. Nel racconto - Un album di velluto – è narrato il ritorno dal campo di prigionia della zia Rebeka e il sentimento d’angoscia che colse il piccolo Danilo e la sua famiglia nell’apprendere della morte del padre nel campo di sterminio:
“i perfidi occhi della signora Rebeka rendevano possibile immaginare l’amara e tragica verità: lui che avanzava in quella colonna di infelici e di malati, tra le donne atterrite e i bambini sgomenti, procedendo al loro fianco, alto e curvo com’era, senza gli occhiali e il bastone che gli erano stati sequestrati, camminando con passo incerto e barcollando in quella colonna di vittime sacrificali, come un pastore tra il suo gregge, come un maestro fra la sua scolaresca .. ah no ! Lo colpivano con i manganelli e con i calci dei fucili, lui emetteva gemiti e cadeva, le donne lo incoraggiavano e l’aiutavano a rialzarsi, e lui, ahimè, piangeva come un bambino, mentre tutto intorno si spandeva l’odore del suo corpo, l’orribile fetore dei suoi intestini traditori.“
Rimasto solo con la madre e la sorella Anna di qualche anno più grande, la sua infanzia divenne di colpo perduta, la perdita del padre, la persona che più amava e del quale custodiva gelosamente solo qualche ricordo, diverrà un dolore ossessivo. I racconti sono quindi legati alla sofferenza vissuta nel periodo più fragile della sua vita, una memoria indelebile: essi prendono forma e divengono immagini, immagini di nostalgia e amarezza capaci di trasformare il dramma in una grande poesia. E’ la grandezza di quest’autore, come ebbe a scrivere Milan Kundera.
“Di tutti gli scrittori della sua generazione, francesi e stranieri, che negli anni Ottanta vivevano a Parigi, era il più grande. Di certo il più invisibile, non ha mai sacrificato i suoi romanzi alla politica. Ha potuto così cogliere quel che vi era di più straziante: i destini dimenticati sin dalla nascita”.
Sebbene abbia vissuto nello spazio della sua vita sia l’esperienza tragica del nazismo che l’occupazione comunista, Danilo Kis non abbraccerà mai nessuna fede politica e questo suo dramma storico gli farà riconoscere come l’unica sua patria la Letteratura con la sua irriducibile libertà. Amava definirsi semplicemente uno scrittore bastardo.
“Non vengo da nessun luogo, cioè da un paese che a Londra o a Parigi si fa difficoltà ad individuare sulla carta geografica, perché il mondo degli Ebrei dell’Europa centrale è un mondo scomparso, che si trova nel campo di una realtà non-reale.“
Un libro toccante e struggente di uno scrittore forse poco noto ma uno dei più rappresentativi della narrativa europea del Novecento.
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