Domani interrogo
- Autore: Gaja Cenciarelli
- Genere: Scuola
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2022
Quanti insegnanti scrittori si sono cimentati nel raccontare la scuola, quanti film, serie televisive si sono succeduti negli anni mettendo a fuoco pezzi di società che il microcosmo scuola rappresenta, metafora di come eravamo e di come siamo diventati tutti noi, che siamo stati alunni, genitori di alunni, alcuni di noi insegnanti che nel tempo siamo cambiati, fronteggiando la scuola che dopo il 1968 è diventata scuola di tutti e per tutti.
Chi ha incontrato la scuola di trincea, quella delle periferie più o meno degradate, che ha lavorato duramente per dare dignità al proprio impegno di lavoro cercando di migliorare la qualità della vita degli studenti che ha incontrato, attraverso l’istruzione e la cultura, non può che congratularsi con Gaja Cenciarelli che ha scritto un romanzo denso di suggestioni, duro, commovente, sincero.
Domani interrogo (Marsilio, 2022) è la storia di molti di noi, certamente della mia: "ah pressore’" mi sono sentita chiamare per decenni da ragazzi alla prima generazione dell’ingresso nel mondo dell’istruzione superiore, provenienti da situazioni socio-economiche disagiate, quando non da famiglie disfunzionali. Ma Gaja Cenciarelli scrive oggi e le situazioni che descrive sono ancora più serie e drammatiche di quanto i vari Lodoli, Starnone, Mastrocola, Alberico, Marchetta abbiano testimoniato nei loro libri.
Nel prologo del suo romanzo, Cenciarelli scrive
“Ha paura della scuola, lei che la scuola l’ha sempre amata. Non è forse questo il vero amore? Sta guardando una giraffa in un parco di periferia, e si è persa. Non c’è anima viva intorno a lei. Deve essere a scuola tra mezz’ora. È il 19 novembre, ha accettato una supplenza annuale. Stava andando a scuola prima di sprofondare in una Roma sconosciuta, e quella giraffa di merda continua a fissarla: e va bene, l’ha convinta, è lei l’animale da circo.”
In queste righe ci sono tutti gli elementi che poi diverranno centrali nella storia che l’autrice ha saputo raccontare con realismo, empatia, consapevole di maneggiare una materia sensibile quando non incandescente. I ragazzi che la pressore’ si trova a fronteggiare frequentano una scuola che sembra sorgere in mezzo a un deserto: solo un baretto, dove tutti si incontrano e si conoscono, fa da contorno all’edificio scolastico. I mezzi, come sono chiamati gli autobus cittadini, arrivano quando possono e gli alunni sono sempre in ritardo. La prof., che insegna inglese, si trova di fronte a una sorda ostilità, quando non manifesta indifferenza da parte di alunni che l’accolgono:
A pressore’, n’è che po’ fa’ lezione in inglese, eh! Qua manco capimo l’italiano.
Alunni che sembrano descolarizzati, abituati a fare poco, a fumare, non solo sigarette rollate, ma più spesso canne, a uscire a loro piacimento dalla classe per andare in bagno, in genere l’unica domanda che viene fatta alla fine di una spiegazione impegnativa. Margherita, Francesco, Sofia, Daniele, Marco, “Bolivia”, Tarek, Flavio, Alessandra, Rabhil, Samuel sono altrettanti tipi di giovani uomini e donne che stanno frequentando l’ultimo anno di uno scassato liceo periferico, che parlano un romanesco becero, infarcito di parolacce, di locuzioni ripetitive, di ragionamenti poco articolati. Pieni di pregiudizi e preda di luoghi comuni e stereotipi, trovano nella nuova prof, “che non è stronza”, un’inattesa interlocutrice attenta e capace di reggere le sfide che loro le pongono davanti ogni giorno. Lei finisce per immergersi in quel mondo magmatico di sentimenti contraddittori, di amori non corrisposti, di competizioni, problemi familiari, di fughe all’esterno dove un mondo feroce rischia di annientarli, vanificando ogni sforzo di chi, con coraggio e sofferenza, tenta con ogni mezzo di convincere quel gruppo eterogeneo a credere nel valore della cultura, all’importanza di un diploma, alla lezione dei classici, alla disciplina dell’impegno che aiuta a formarsi e a superare le difficoltà. Le lezioni che la prof, riesce ad impartire su Joyce, Virginia Woolf, Eliot, Beckett, Atwood appaiono davvero un miracolo, data l’inattesa accoglienza che ricevono da parte di studenti che si erano proposti apatici e disinteressati.
La stima che la prof/narratrice riesce a conquistarsi, giorno dopo giorno, somiglia a una storia di amore e condivisione, a un percorso accidentato, irto di difficoltà, fonte di sofferenze e di delusioni, ma alla fine capace di ottenere risultati umanamente straordinari.
Pizza e birra consumati la notte prima degli esami, fuori da ogni retorica, è un momento del libro che mi ha fatto commuovere, non esito a riconoscerlo, e che mi ha permesso di riconoscermi e di riconoscere le migliaia di insegnanti che hanno tenuto alto il prestigio della scuola pubblica italiana, contro tutti i presupposti negativi che la stampa e certa opinione pubblica non fanno che enfatizzare. Grazie di cuore a Gaja, che ha saputo raccontare la storia di tanti alunni fortunati che hanno intercettato una prof “non stronza”, capace e coraggiosa.
Il racconto che conclude i Dubliners di Joyce, “Dead”, “i morti”, è il leit motiv del libro ed è una scelta opportuna: la neve candida che conclude quello straordinario racconto, la salvezza, è quanto la prof aveva saputo leggere negli occhi dei suoi alunni della Quinta A. Si sono salvati loro, si è salvata lei con loro.
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