Cronache di guerra e prigionia. La sua famiglia dagli Asburgo ai Savoia
- Autore: Domenico Rizzatti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
È certamente fuori del comune ricevere una carezza dal nemico, molto più inconsueto che vestire nello stesso conflitto le divise di due eserciti avversari. Ma è quanto accaduto più di un secolo fa, nella Grande Guerra, a due fratelli friulani irredenti. Le loro storie e quella dell’intera famiglia di Fiumicello (Udine) sono ricostruite in un considerevole volume delle Edizioni Gaspari, inquadrate nel complesso contesto storico in cui si svolsero. Con l’eccellente corredo di mappe, cartine e tante fotografie d’epoca in bianconero, è stato pubblicato nel 2021: Cronache di guerra e di prigionia. La sua famiglia dagli Asburgo ai Savoia (21x26 cm, collana La storia raccontata e illustrata, 312 pagine) di Domenico Rizzatti, a cura dello storico e scrittore Giorgio Milocco di Cervignano e del prof. Enrico Tincani, di Cussignacco.
Ampio, dettagliato e apprezzabile, il lavoro dei due ricercatori è un prodotto di pregio della casa editrice udinese di Paolo Gaspari, impegnata a diffondere la storia e farla conoscere, compito quanto mai meritevole mentre la materia viene colpevolmente trascurata dalla scuola (quanto se ne pentiranno le generazioni a venire!). Il lavoro è basato su documenti messi a disposizione dal discendente Stefano Rizzatti e riprende i diari manoscritti di Domenico, custoditi amorevolmente, nonostante le avversità affrontate al fronte e durante la non breve prigionia a Kirsanov, nella Russia sud occidentale. In guerra dall’estate 1914, raggiunse il porto di Arcangelo sul Mar Bianco per navigare verso la Scozia e arrivare dalla Francia in Italia, a Torino, nel novembre 1916.
Attendente di un alfiere in un Reggimento di fanteria austriaco, dopo avere affrontato i primi mesi di combattimenti sul fronte della Galizia, Domenico era stato circondato da un gruppo di soldati russi al contrattacco. Era la vigilia del Natale 1914, a pochi mesi dall’inizio della guerra. Nei primi momenti l’avevano trattato duramente, ma una volta inteso ch’era italiano l’atteggiamento dei nemici era cambiato: l’ufficiale sopraggiunto gli aveva fatto una carezza. Per il friulano in divisa asburgica era la prima manifestazione di simpatia di cui avrebbe goduto nel corso della prigionia e della successiva ospitalità dei russi da “alleato”, dopo essersi dichiarato antiasburgico. Dimostravano un atteggiamento cameratesco nei confronti degli italiani e degli slavi arruolati nell’esercito austro-ungarico, che sommava decine di popolazioni diverse del suo territorio danubiano, balcanico e trentino-carsico-triestino.
Domenico aveva risposto al precetto militare alla dichiarazione di guerra di Vienna alla Serbia, che a fine luglio 1914 scatenò il primo conflitto mondiale avviando l’effetto domino che coinvolse quasi tutto il pianeta. Un fratello minore, Mario, anche lui chiamato alle armi, era di sentimenti italiani già radicati e non tollerando l’uniforme austriaca disertò a Lubiana nell’ottobre del 1914. Raggiunta Fiumicello, passò presto il confine clandestinamente, all’insaputa dei genitori ma con la complicità di un altro fratello, Giuseppe. A Venezia venne aggregato ad altri irredenti, tra i quali il capodistriano Nazario Sauro, futuro martire dell’italianità. Il 24 maggio 1915, l’Italia apri le ostilità contro l’impero austriaco e il giorno successivo Mario si arruolò volontario, inquadrato nel secondo Reggimento Fanteria.
Fin dall’estate, il reparto venne impegnato nei durissimi combattimenti sul Monte Calvario, uno dei baluardi austriaci di Gorizia, investito dalle ondate di fanti grigioverdi spinti all’assalto senza risparmio e senza un efficace fuoco di artiglieria, secondo la condotta italiana nei primi mesi del conflitto. Erano le famigerate spallate frontali, ordinate da Cadorna contro posizioni nemiche ben organizzate e difese. Un macello, di cui Mario si lamentava nella corrispondenza, chiamando a diretto responsabile il Capo di Stato Maggiore Generale del nostro Esercito. Le critiche gli costarono il corso ufficiali: venne espulso dalla scuola allievi di complemento, che stava frequentando a Cormons e rispedito tra i ranghi.
Il ragazzo aveva stoffa e coraggio. Alla notizia dell’impiccagione dell’avvocato e parlamentare trentino Cesare Battisti, catturato in divisa da ufficiale degli Alpini sul Monte Corno, l’Alto Comando italiano dispose l’allontanamento degli irredenti dalle prime linee. L’Austria-Ungheria li considerava due volte “traditori” e li avrebbe giustiziati, per avere disertato ed essere passati al nemico. Nonostante tutto, Mario e altri vollero restare con i compagni d’arme. Combattè in Val Lagarina, sul Monte Zugna, al Passo Buole, sul Monte Altissimo: trentasei mesi, l’intero conflitto in zona operazioni. La promozione arrivò per meriti di guerra, nel 1917, tenente aiutante maggiore nel 134° Battaglione.
Domenico (1885), terzogenito e Mario (1892), sesto di sette maschi, erano con due sorelle la prole numerosa di Giulio e mamma Anna. Il lavoro di ricerca, durato quattro anni, col supporto costante di Stefano, mette in risalto i sentimenti dei Rizzatti e ricostruisce le loro biografie, arrivando agli anni Cinquanta.
Il primogenito Pietro (Pieri), agricoltore innovatore, era nato nel 1879. Giuseppe (Zef, 1880) è stato il “contrabbandiere di uomini” irredenti. Erano nati poi Domenico (Meni), Francesco (Checo, 1888) legato alla terra anche lui, Alessandro (Sandro, 1890), primario a Gorizia Sandro, Mario e Antonio (1894), insegnante, sindaco di Monfalcone e senatore democristiano nel secondo dopoguerra.
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