Donna di Porto Pim
- Autore: Antonio Tabucchi
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
“Donna di Porto Pim” di Antonio Tabucchi (Sellerio Editore, 1996) è un libro intenso in cui, come in un mosaico, si scorgono le diverse caratteristiche dell’arcipelago delle Azzorre la cui origine vulcanica è tracciata dalle profonde falesie e dal suolo, talvolta formato dalla lastra lavica e, in alcune aree di pianura, dalla pietra pomice ridotta in polvere. Scrive l’autore:
“Come tutte le altre isole dell’arcipelago, Flores è di formazione vulcanica, ma a differenza di Sao Miguel o di Faial, ad esempio, che posseggono spiagge chiare e boschi verdissimi, essa è un lastrone di lava nera in mezzo all’oceano. Sul vulcano cresce bene il fiore, come direbbe Bécquer; i due inglesi attraversarono un paesaggio incredibile: una lastra di lavagna fiorita che improvvisamente si spalancava in paurosi abissi, in dirupi, in scoscese falesie sul mare”.
Antonio Tabucchi conosce le Azzorre e ricorre a citazioni geografiche e storiche precise, trasposte però su un piano narrativo fantastico, fatto di materia impalpabile e poetica. Nelle diverse storie s’intrecciano stili e trame che
"formano un viaggio a sé, e raccontano un’unica storia"
e risentono di quella melodia lenta e struggente che canta il personaggio del racconto Donna di Porto Pim, che conclude il volume. La storia è frutto delle confidenze di un uomo incontrato dall’autore in una taverna ma, l’autore avverte:
“Non escludo di averla modificata con le aggiunte e le ragioni proprie della presunzione di chi crede di trarre dalla storia di una vita il senso di una vita. Forse costituirà un’attenuante confessare che in quel locale si consumavano bevande alcoliche in abbondanza e che mi parve indelicato sottrarmi alla consuetudine vigente”.
In Alto mare si rappresenta l’uccisione di una balena che rappresenta, per la comunità delle Azzorre, una delle fonti di sussistenza, ma la comunità è ormai ridotta numericamente per l’emigrazione. Quando un baleniere chiede perché abbia voluto partecipare all’evento, il protagonista risponde sommessamente:
“Forse perché siete in estinzione entrambi, voi e le balene”.
Nel Post-scriptum l’io narrante è una balena che vede gli uomini in affanno:
“E come sono poco rotondi, senza la maestosità delle forme compiute e sufficienti, ma con una piccola testa mobile nella quale pare si concentri tutta la loro strana vita. Arrivano scivolando sul mare, ma non nuotando, quasi fossero uccelli, e danno la morte con fragilità e graziosa ferocia. Stanno a lungo in silenzio, ma poi tra loro gridano con furia improvvisa, con un groviglio di suoni che quasi non varia e ai quali manca la perfezione dei nostri suoni essenziali: richiamo, amore, pianto di lutto”.
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