Donne col rossetto nero di Alessandro Defilippi

In “Donne col rossetto nero” torna il colonnello Anglesio, protagonista affascinante ed indiscusso del precedente romanzo di Alessandro Defilippi, “Viene la morte che non rispetta”.

Qui lo troviamo alle prese con una serie di strane morti: quattro donne, Gemma, Marisa, Carla, Agnese, a cui si aggiunge anche quella di un uomo, un ex camallo, Gerolamo Raimondi, detto Giomìn. I quattro cadaveri sono grottescamente truccati, con accanto a sé uno strano astuccio d’argento, con

“un fiore simile a un elmo appiattito dai petali blu scuro, con una sottile pelosità biancastra”.

Queste donne non sembrano aver subito violenza, sono state legate e sono morte per arresto cardiaco. Forse, l’onta più grave è insita nella loro stessa profanazione:

“il viso era coperto da una pesante patina di cipria scura in contrasto con il bianco latteo del collo. Gli occhi erano orlati da strati e strati di ombretto di vari colori, viola, nero, blu scuro, fino a una lunga striscia rossa che, superate le sopracciglia, arrivava ad attraversare la fronte. Anche le labbra erano truccate. Nero, un rossetto nero. Una maschera”.

Anglesio, colonnello dei Carabinieri, ex partigiano, con una particolare sensibilità, incapace di chiudere i conti con il passato, soprattutto con il ricordo della moglie Laura, internata per un periodo in un manicomio, forse morta in un incidente stradale, il cui corpo non è mai stato trovato.

“Eppure anche lui, ora lo sapeva, era convinto, da qualche parte in fondo, sotto gli strati di dolore e dell’assenza, che sua moglie fosse morta quel giorno”.

Anglesio preda, inoltre, di quell’aura misteriosa, quella cortina grigia che gli fa prevedere gli eventi, per cui

“La cortina grigia si era dissolta. La paura di qualcosa di sconosciuto. Della follia: quella di chi aveva truccato la ragazza come un clown; quella di Laura. La follia che forse tutti portiamo dentro, ben nascosta e che colpisce d’improvviso, come la lama di una falce. Viene la morte che non rispetta!”.

E poi Genova, tra salite e carruggi, tra case chiuse e colloqui con la tenutaria, la zia Rina, osterie e una bottiglia di Pigato.
Va così ricostruendosi una trama fitta, costituita da una umanità fragile, sull’orlo del precipizio, in preda a complessi di Edipo devastanti, doppie personalità, gelosie. Una lettura intensa e vissuta, dove lo scavo introspettivo e psicologico dei personaggi va ad incastrarsi e a combinare un perfetto caleidoscopio